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Ospedale psichiatrico provinciale di Ascoli Piceno in Fermo, Fermo (Fermo), 1853-1981

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1853 -1981
  • Intestazioni:
    Ospedale psichiatrico provinciale di Ascoli Piceno in Fermo, Fermo (Fermo), 1853-1981
  • Altre denominazioni: Ospedale psichiatrico provinciale di Ascoli Piceno in Fermo / Manicomio di Fermo
  • La malattia mentale ha rappresentato una problematica per la società contemporanea, e le soluzioni che sono state adottate si differenziarono da luogo a luogo e in relazione ai diversi stati in cui la penisola era divisa. L'Italia (nota 1) mantenne una situazione per molto tempo precaria rispetto ad altri paesi europei; solo nel 1789 grazie al contributo di Vincenzo Chiarugi (nota 2) con il Regolamento dell'Ospedale Bonifacio, si rafforzò un'assistenza più adeguata al malato di mente, tanto che nella prima metà del 1900 cominciarono a funzionare una ventina di istituti di recupero, tuttavia consistenti in ospizi angusti, male adattati, ricavati su vecchi edifici piuttosto lugubri e a popolazione promiscua. Le Marche, in particolare, hanno risposto pienamente a queste logiche territoriali, in quanto la formazione di nuovi istituiti prese vita in momenti diversi.
    Nel 1809 fu inaugurato l'Ospizio di Treia, la sua vita sarà breve, poiché due anni dopo veniva chiuso per motivi amministrativi in concomitanza dell'apertura di un ospedale a Macerata, dove già dal 1770 era in funzione un "Carcere de' pazzi", presso la porta Castellana (ora S. Giuliano), con finalità esclusivamente detentive. Il nuovo ospedale sorse a seguito della ristrutturazione del complesso delle Domenicane, per essere poi a sua volta sostituito nel 1822 da un'altra struttura presso la cosiddetta "Ceraria delle Cocolla". Un ulteriore nuovo Manicomio fu edificato, nei primi anni '70 dell'Ottocento, sul colle di S. Croce, a sud-ovest della città.
    Il Manicomio "San Benedetto" di Pesaro, prima struttura di una certa importanza per la custodia dei pazzi, venne costruito su iniziativa del Delegato Apostolico monsignor Cappelletti, utilizzando un ex convento, inaugurato il 1 gennaio 1829.
    Ad Ancona, già nell'agosto 1748, il Cardinale Valenti, della Segreteria di Stato del Governo Pontificio, inviava al Governatore della Marca un dispaccio affinché si provvedesse all'assistenza dei malati di mente. Il 1° marzo 1749 il Consiglio generale di Ancona decretava la costruzione presso il Convento dei Cappuccini, di un edificio da adibire allo scopo di ricovero. Nel 1818 i mentecatti saranno trasferiti presso il Convento di S. Francesco alle Scale, che ospitava da un anno l'ospedale civile. Il nuovo ospizio fu costruito nel 1840, secondo le migliori indicazioni tecniche dell'epoca, nello stesso anno la pubblicazione del documento programmatico del nuovo ospizio diede ulteriore prestigio all'evento. Con il passare degli anni, la struttura divenne sempre più insufficiente, finché si giunse nel 1901, alla costruzione di un nuovo manicomio, fuori dalla città.(nota 3)

    Prima del 1860, nel territorio dell'ex Stato Pontificio, il servizio dei dementi era regolato dalla circolare del Segretario di Stato del 30 dicembre 1846 (nota 4) . Nelle province di Ascoli e di Fermo, i pazzi erano mantenuti e curati a domicilio per opera delle Province stesse, le quali anticipavano le somme e non sempre ne ricevevano il rimborso dai Comuni. Quest'ultimi, pagavano solamente quando dai parenti ritiravano le rette, o meglio da quei congiunti che, obbligati iure sanguinis ad alimentarli, ne avevano i mezzi. Prima del 1854 in nessuna delle due province esisteva un manicomio, ma fu proprio in quell'anno che ne fu impiantato uno regolamentare a Fermo.
    Questioni logistiche ed economiche determinarono un temporeggiamento sull'apertura di una struttura ricettiva per la custodia dei pazzi, in quanto già da diverso tempo se ne percepiva la necessità in tutto il territorio. Già nel 1824 si individuò la possibilità di adibire a questi scopi il piano superiore alla porta di S. Antonio, ma ben presto si rivelò poco pratica, sia per le dimensioni sia per le pessime condizioni strutturali. Le discussioni in merito, rappresentarono per diversi anni le priorità del Consiglio provinciale sino al 1845 quando in seno ad una riunione, il Delegato apostolico si soffermò sulle "infelicissime" condizioni in cui versavano gli infermi di mente; da qui partì la proposta che per il mantenimento dei mentecatti poveri se ne facesse carico la Delegazione provinciale. Varie iniziative e numerosi progetti furono presentati e proposti ma non videro mai la fase attuativa. Solo dal 1850 iniziò a delinearsi una possibilità effettiva per trovare una degna collocazione e questa piaga sociale. Infatti, a seguito di un atto consigliare del 2 marzo 1852 in cui venne "risoluto il contributo per la creazione di un nuovo Manicomio da erigersi in Macerata, dove potervi trasferire i malati della stessa provincia di Fermo, si convenne che sarebbe stato di maggior vantaggio erogare in questa città le somme che si sarebbero dovute profondere in altra provincia erigendo in questa città medesima un reclusorio per i matti"(nota 5) . Il Consiglio provinciale inoltre determinò che "dovesse stabilirsi una Casa di Osservazione per la precaria custodia degli infelici dementi prima di tradurli al Manicomio, onde riparare al disumano e riprovevole abuso di custodirli nelle carceri".
    Il 30 marzo 1853 fu sottoscritto un Capitolato (nota 6) tra la Commissione ppovinciale e la Famiglia religiosa di S. Giovanni di Dio "(...) essendovi determinato dal Provinciale Consiglio di stabilire in questa Città una casa di osservazione per i dementi poveri della Fermana provincia, sotto la direzione della benemerita religiosa famiglia di S. Giovanni di Dio e dovendosi determinare le norme e le discipline pel buon andamento della ripetuta Casa, si è formato il seguente Capitolato". Il capitolato designava a luogo provvisorio per la custodia dei mentecatti poveri, il Convento di San Domenico, in quanto: "(.. ) prossimo all' Ospedale di San Giovanni di Dio e mantenuto a tutto carico e peso dell'amministrazione provinciale" (nota 7) . Competeva invece all'antico Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli (nota 8) la custodia e tutti quei riguardi e doveri nei confronti dei pazienti. Questo luogo avrebbe dovuto accogliere tutti i bisognosi della sola provincia di Fermo. Si stabiliva inoltre, che il personale addetto, scelto e nominato direttamente dal Priore dell'Ospedale, doveva essere in numero di due unità e doveva risiedere all'interno dell'edificio.
    A seguito dei suddetti accordi, iniziavano i lavori di sistemazione ai locali; ma questi luoghi erano comunque indicati come provvisori, poiché gli ambienti proposti alla stabilizzazione definitiva di un istituto di accoglimento dei malati di mente della Provincia furono designati quelli sopra la porta di S. Caterina. Il 18 luglio 1853 il Consiglio provinciale nominò Medico della Casa di Osservazione il Dott. Augusto Vittorangeli -nomina approvata con dispaccio del Ministro dell'Interno n. 73645-, il quale già prescelto in qualità di professore ad Urbino rinunciava alla qualifica e in sua sostituzione fu tempestivamente nominato il Dott. Alessandro Bianchini (già medico primario della Città). L'accoglienza dei pazienti iniziò il 29 settembre 1853 (nota 9) , ma in poco tempo l'edificio risultò inappropriato all'uso; si ricominciava, dunque, a progettare una nuova sede ma soprattutto ad avviare lavori di ristrutturazione per quella che era stata indicata come definitiva, ossia S. Caterina. Nel 1857, infatti, l'Amministrazione provinciale affermava che l'ipotesi di erigere il Manicomio in S. Caterina si allontanava; impressione avvalorata da una relazione presentata del Direttore Dott. Bianchini in cui emergeva che l'edificio "mal si presti anche al provvisorio ricovero degl'infelici Dementi"(nota 10) .
    Ancora una volta gli sforzi e i tentativi di istituire una struttura in grado di assolvere ai compiti di sede provvisoria, tuttavia non inibivano il progressivo e sempre più dispendioso rivolgersi ad altre strutture di accoglienza nelle immediate vicinanze.
    Quindi in data 22 settembre 1856 "Questo Provinciale Consiglio si trova ancora nell'intendimento di erigere un Manicomio in questa città nel duplice scopo di dare un pronto soccorso a quegl'infelici che cadono in aberrazione mentale e di economizzare sulle ingenti somme che si profondono annualmente per custodire e curare gli alienati in diversi stabilimenti dello Stato, o almeno far si che dette somme si spendano entro la nostra Provincia". Inoltre a queste carenze, che purtroppo non verranno mai risolte del tutto, si aggiungevano delle incomprensioni con la Confraternita di S. Giovanni. Ancora una volta quindi, mancando una sede definitiva e una denominazione vera e propria di Manicomio, si rendeva evidente la necessità di mantenere comunque aperta la Casa di sorveglianza in S. Domenico.
    In data 21 settembre 1857 (nota 11) si determinò l'acquisto del fabbricato di proprietà delle sorelle Felice e Giustina Bocci per istituirvi il Manicomio e provvisoriamente la Casa di osservazione. Il progetto di vendita dell'ex Convento di S. Francesco Da Paola (nota 12) , ristabiliva la possibilità concreta di usufruire di uno stabile per la sistemazione del Manicomio e dell'Ospedale degli infermi. Lo stabile si trovava in prossimità delle mura della città nei pressi della porta di San Francesco "il quale per la posizione in cui trovasi e per l'amena esposizione sarebbe senza meno adattissimo per erigervi il desiderato Manicomio" (nota 13).

    A seguito del decreto Minghetti 22 dicembre 1860, la Provincia di Fermo fu soppressa e annessa a quella di Ascoli, di rimando anche le competenze in materia di cura e custodia dei matti vengono trasferite alla nuova provincia. Le leggi nazionali tracciano gli indirizzi da seguire anche a livello locale, così da rendere necessaria la regolamentazione territoriale in materia di mantenimento dei dementi. Infatti con circolare del 6 marzo 1862, la Deputazione provinciale di Ascoli cercava di normare la problematica questione dell'accoglienza dei dementi nella "Casa de' Pazzi", inviando ai Sindaci della Provincia una "Tabella Nosografia" da compilarsi in ogni sua parte; la non osservanza di detta disposizione prevedeva il rinvio dei pazienti ai loro comuni di residenza.
    Dal 1862 nuovi pazienti iniziarono ad arrivare dal territorio ascolano, fino ad allora curati prevalentemente nel circondario e a domicilio. Per far fronte alla nuova ondata di ricoverati e al progressivo aumento dei degenti, la Provincia restaurò ed ingrandì a proprie spese i locali ad uso di manicomio, stanziando nel bilancio la somma di £ 28.328,61(nota 14) .
    Il primo regolamento interno della struttura manicomiale, composto da 12 articoli delineanti le linee giuda dell'Istituto, fu approvato nel 1864 "Il Manicomio Provinciale...destinato al ricovero e cura dei Maniaci di ogni età e sesso dell'intera Provincia contro pagamento di un annua pensione totale o parziale a carico dei ricoverati secondo il grado di loro agiatezza, e se poveri a carico della Provincia" (nota 15). Venivano inoltre stabilite le modalità di accesso allo stabilimento e il numero del personale presente e il loro compenso annuo.
    Dal 1864, con deposizione di ogni ingerenza da parte del Fatebenefratelli, inizia a farsi largo la proposta di concedere la direzione del Manicomio alla Congregazione di carità di Fermo; nella seduta del 12 novembre il Consiglio comunale si pronunciava favorevolmente sulla proposta del passaggio amministrativo oltre che per il Manicomio anche per l'Ospedale.
    La legge provinciale e comunale del 20 marzo 1865, all'art 174, elencava le spese provinciali obbligatorie e in particolare si segnalava quella "Pel mantenimento dei mentecatti poveri della Provincia"; questa disposizione, non risultò affatto sufficiente per indurre al chiarimento di molte questioni e dubbi riguardanti le competenze in materia di malati di mente, così da rendere necessarie diverse norme sia a livello degli organi centrali dello Stato che periferici. Questo clima favorì il disorientamento nella complicata questione delle pertinenze giuridiche, economiche ed amministrative dell'Istituto psichiatrico; agevolandone la mancanza di rivendicazione di sovranità, manifesta sia da parte della Provincia che da parte degli Istituti di beneficenza della città di Fermo.
    Infatti nel 1865 la Congregazione di carità di Fermo -costituita in ente morale in forza della Legge del 2 agosto 1862 sulle Opere pie- rivendicava l'amministrazione dei vari istituti di beneficenza della città. Tra questi chiedeva di assumere il servizio del Manicomio, allo scopo di farne un istituto unico con l'Ospedale, ossia un solo locale ed un'unica direzione. Nella seduta del 24 novembre 1865, il Consiglio provinciale non accolse favorevolmente la nuova proposta e mantenne alla sua dipendenza diretta l'istituto.
    L'Ospedale psichiatrico venne amministrato regolarmente dalla Provincia fino al 1870, nonostante in questi anni palesasse il bisogno impellente di nuovi fondi, non tanto per la retta giornaliera pari a £ 0,92 per ogni demente, ma per il cresciuto numero dei pazzi, che complicava notevolmente la questione degli spazi.
    Il Consiglio provinciale, in base alla legge 7 luglio 1866, n. 3036 sulla soppressione delle corporazioni religiose, chiese ed ottenne la cessione dell'ex-convento dei Cappuccini di Fermo, e deliberò nel 1870 di vendere il vecchio fabbricato fino ad allora usato agli scopi di "Casa di osservazione e mantenimento dei pazzi". Il 20 gennaio 1871, benché una Commissione speciale riferisse non conveniente il trasferimento del Manicomio nei nuovi locali, la Provincia prese possesso dello stabile e vi trasportò i malati meno problematici.
    La sistemazione del Manicomio non fu mai completa, e i provvedimenti presi si rivelarono ben presto difettosi, tanto da indurre all'ipotesi di abolire l'Istituto e di inviare i pazzi in altro Manicomio provinciale.
    Nel 1871, la Commissione di Vigilanza sul Manicomio, in una relazione al Consiglio provinciale denuncia nuovamente che "il Manicomio di Fermo non soddisfa né può soddisfare le sempre crescenti esigenze di un bacino di utenza che si è andato allargando con l'annessione di Fermo alla nuova Provincia di Ascoli. Quindi l'Amministrazione Provinciale ha reiteratamente manifestato il proposito di sopprimere l'attuale manicomio e di trasferirlo nell'ex convento de' Cappuccini in Fermo, convento che per l'ampiezza del fabbricato e l'estensione di un terreno annessovi può, mediante opportuni lavori , essere assai bene ridotto a Manicomio" (nota 16) .
    Nonostante il parere contrario del Consiglio provinciale all'avvio dei lavori di sistemazione dei locali del Convento de' Cappuccini, il Manicomio continuerà faticosamente a rappresentare l'unico supporto nella complessa questione dei dementi all'interno dell'intera provincia, così dal 1871 al 1873 questo sarà qui collocato. Solo dal 1873 fu definitivamente trasferito presso il complesso dell'Annunziata (nota 17).
    La Congregazione di carità, il 15 novembre 1872, propose alla Provincia di ottenere in affitto parte del fabbricato ad uso Ospedale civile e militare e di assumere, sotto determinate condizioni, il mantenimento e la cura dei dementi poveri dei due circondari (Fermo e Ascoli). Il Consiglio provinciale approvò la convenzione il 21 novembre 1872, che doveva avere la durata di 25 anni a partire dal 1° gennaio 1874.
    L'accordo con la Congregazione di carità prevedeva che il Consiglio provinciale doveva mantenere la vigilanza sul Manicomio, mediante la nomina di una Commissione speciale di sorveglianza; e ne doveva curare il costante miglioramento.
    In concomitanza con l'allestimento dei locali nel nuovo edificio dell'Annunziata fu approvato anche il nuovo regolamento e statuto organico.
    Nonostante i cambiamenti dovuti alla nuova disposizione e alla nuova pianta organica, sopraggiunsero presto difficoltà per assicurare una gestione adeguata del numero sempre crescente di pazienti, tanto che nella seduta del Consiglio provinciale 12 dicembre 1874 si fa presente che "(..)la Congregazione di Carità (amministratrice del Manicomio) chiede che le rette per ogni individuo ricoverato nell'Ospizio non debba essere fissa, ma subire aumenti o diminuzioni a seconda delle diminuzioni o aumenti che si verificheranno anche in altri Manicomi quali Pesaro e Macerata(..)". Il Consiglio, quindi, proponeva una valutazione annua della retta da fissare per il mantenimento e la cura dei malati di mente.
    Ancora nel 1884 la Commissione di vigilanza del Manicomio di Fermo conveniva sulla necessità di attivare uno studio per un generale riordinamento dell'Istituto, ma soprattutto evidenziava la primaria importanza della compilazione di un capitolato per la determinazione degli oneri della Congregazione di carità; inoltre viene messa in discussione, a causa delle dispute per competenze economiche, la possibilità di un rinnovo di convenzione. Infatti l'anno seguente, la già citata Commissione di Vigilanza nella relazione presentata al Consiglio p rovinciale riferiva "(..) che la Congregazione avesse assunto il mantenimento del Manicomio come una specie di appalto e con diritto di guadagno(..)" e ancora si lamentava per la tenuta dell'Istituto e per la cura dei degenti in questi termini "(..) a giudicare l'abbandono in cui era lasciato quell' Ospizio, che invece di Manicomio potrebbe più propriamente appellarsi semplice reclusorio..)" questo perché il sovraffollamento dei locali non garantiva le basilari norme igienico sanitarie. Quindi la Commissione si poneva diversi quesiti "(...) se col cader del contratto stesso tra la Deputazione provinciale di Ascoli e la Congregazione di carità di Fermo fosse opportuna e conveniente cosa rinnovarlo, e in caso affermativo su quali basi..o togliere il Manicomio dalla nostra Provincia e fare un patto di ricevimento dei nostri malati con un Ospizio a noi vicino(..)". Perplessità e timori di carattere economico, gestionale e logistico che non abbandoneranno mai la complicata questione dei matti e che si protrarranno fino agli anni della chiusura dell'Ospedale psichiatrico. Anzi, tali indecisioni si univano ai sempre crescenti dubbi di carattere morale e scientifico che da sempre accompagnavano la già complicata vita dei matti.
    Il 12 aprile 1893, venne stipulata una nuova convenzione tra Provincia di Ascoli e la Congregazione di carità di Fermo -con inizio dal 1° gennaio 1894 - con la quale si aumentava la retta mensile a £ 45 per ogni alienato, e veniva affidata all'Amministrazione provinciale la nomina del Direttore dell'Istituto. Inoltre, nella stessa convenzione si indicavano i tempi necessari a fornire lo stabilimento di tutto il necessario per la cura idroterapica, stabilendo il periodo utile per mettersi in regola (ossia un mese dopo l'effettiva distribuzione dell'acqua potabile a Fermo). Ma la Congregazione di carità, non si presentò pronta alla scadenza stabilita, che cadeva il 1° luglio 1897. Nonostante le ripetute promesse di garanzia di portare a compimento l'opera, la Deputazione provinciale il 31 dicembre 1899, in forza della convenzione, deliberò di applicare la riduzione alla retta mensile a £ 42,75 e chiese la restituzione di 10.750,66 lire, indebitamente pagate nel periodo precedente.
    Intanto il Consiglio provinciale, il 13 dicembre 1899, nominava una Commissione speciale per il riordinamento del manicomio, votando il seguente ordine del giorno: "Il Consiglio invita la Deputazione ad affrettare gli studi e le relazioni che possano porre in grado il Consiglio di provvedere al riordinamento del servizio di ricovero e cura scientifica dei mentecatti ed a presentare le sue proposte concrete su tale argomento entro quattro mesi, e nomina una commissione di cinque consiglieri per studiare e riferire, non più tardi di tre mesi, al Consiglio stesso straordinariamente convocato."
    La relazione, che fu presentata dalla Commissione il 12 dicembre 1900, e discussa in Consiglio cinque giorni dopo, affermava che l'assistenza ed il ricovero dei mentecatti poveri dovevano essere assunti direttamente dalla Provincia, con il mantenimento della ubicazione in Fermo. Con la stessa relazione si chiedeva mandato alla Deputazione provinciale per proporre i provvedimenti necessari al conseguimento del suddetto intento o all'acquisto del locale del Manicomio.
    Iniziarono le pratiche con la Congregazione di carità per l'acquisto del Manicomio; essa si mostrò favorevole per la cessione e dopo varie trattative, la medesima con lettera del 25 febbraio 1902 fece la richiesta del prezzo di £ 450.000 per la vendita del locale ad uso di Manicomio, Ospedale e di Brefotrofio e dei relativi sei terreni annessi e mobilio.
    Il Consiglio provinciale, il 17 maggio 1902, si esprimeva favorevolmente, approvando all'unanimità "(..)l'acquisto dei terreni e dei fabbricati (compresa la Chiesa) di proprietà della Congregazione di carità di Fermo, attualmente adibiti ad uso Ospedale, Manicomio, Baliatico e servizi dipendenti, nonché tutti i mobili, immobili, effetti di biancheria, vestiario ecc., macchinario ed altro di spettanza del Manicomio e di uso comune con l'Ospedale, eccetto i quadri e le campane della chiesa e gli oggetti mobili esistenti nella cantina e nella farmacia per la somma complessiva di 435 mila". Lo stesso Consiglio provinciale facoltizzò la Deputazione provinciale a " provvedere i fondi necessari in prestito, ad effettuare il contratto di acquisto, e a fare tutte quelle transazioni, credute opportune per eliminare ogni ragione di litigi e a definire tutte le vertenze e controversie esistenti con la congregazione di carità.
    Ad accelerare le pratiche di cessione del Manicomio contribuì la Legge 14 febbraio 1904, n.36 "Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati", in cui veniva ribadito l'obbligo da parte delle province "di provvedere al mantenimento degli alienati poveri"(nota 18) . Così dal 1909 il Manicomio diviene a tutti gli effetti provinciale e contestualmente iniziavano i lavori per le migliorie da apportate alla struttura; che finalmente veniva dotata di più vani per la cura dei pazienti ma soprattutto si costruivano e si adattavano delle stanze divise per uomini e donne e per le diverse patologie.
    Malgrado questo, ancora una volta, il l'Ospedale psichiatrico provinciale risulta inadeguato ai suoi scopi, ciò è quanto emergeva dalla relazione del 4 marzo 1914 della Commissione di vigilanza " Il Manicomio di Fermo ha tutti i grandi difetti ed i gravi inconvenienti degli Istituti in un sol corpo, costruiti per altro scopo e ridotti con sforzi e con sacrifici superiori ai risultati a ricovero degli alienati". Inoltre si ritenevano pessime le condizione strutturali, logistiche ed igienico sanitarie; tanto che, dalla consueta visita annuale prevista dal regolamento interno, l'impressione che se ne ricavò fu penosa. In particolare si segnalava che " i dormitori sono pieni di letti, e specialmente nei dormitori che servono per infermi malpropri, l'affollamento è tale da rendere urgente il provvedere giacchè la cubatura degli ambienti è addirittura insufficiente. Si aggiunga che non vi è un reparto di isolamento per le malattie infettive e che non vi è locale né mezzi per poter in qualche modo occupare i malati. Tutti inconvenienti gravi e gravissime deficienze che derivano per la massima parte dall'affollamento impressionante." L'Istituto in realtà non poteva contenere più di 221 letti, ma la necessità invece obbligava a portare il numero dei letti a 130 per i reparti degli uomini e a 122 per quelli delle donne; In sostanza 40 letti in più della normale capacità, con il risultato di 261 letti in tutto. Di conseguenza, si sollecitava l'acquisto di nuovi terreni per la costruzione di nuovi reparti. Le condizioni igieniche lasciano a desiderare "le fognature migliorate in questi ultimi tempi con tubi di sfioramento, sono primitive, non vi sono pozzi neri a tenuta con filtro biologico...le latrine sono per la maggior parte in diretta comunicazione colle fogne e soltanto due latrine sono state per ora rinnovate con valvola idrica". Si lamentava, inoltre, la mancata costruzione della lavanderia e di un asciugatoio. L'organizzazione sanitaria,invece, era oggetto di lode, sia per gli orari di servizio, che per la distribuzione del personale; il tutto merito dell'indirizzo scientifico che il Direttore Prof. Romolo Righetti aveva dato all'Istituto, dotandolo inoltre di una buona e ben ordinata biblioteca e di un discreto laboratorio. Come risposta a queste amare considerazioni, seguirono diversi progetti che portarono alla realizzazione di numerose integrazioni e migliorie dello stabilimento, cambiamenti strutturali visibili ancora oggi. E' del 1916 una descrizione di questi luoghi :"Il manicomio di Fermo consta di due fabbricati, dei quali l'uno, più vasto, è l'antico Convento dei Frati Minori Osservanti, adibito ad Ospedale civile, l'altro più piccolo, fu costruito nell'anno 1895-1896 dalla Congregazione di carità a bella posta per ricoverarvi i pazzi poveri della Provincia. Complessivamente i due edifici coprono un'area di mq. 3522,...esso ha la forma di un quadrilatero trapezoidale, risultante dall'unione di quattro corpi di fabbrica di dimensioni disuguali " (nota 19). Il riordinamento dell'Istituto fu considerevole dal punto di vista strutturale, tanto che erano stati migliorati i locali per le degenze, ma anche le stanze per la direzione furono trasferite in ambienti più ampi, ed infine il laboratorio per le ricerche microscopiche notevolmente ammodernato. Inoltre si intervenne nell'allestimento di alloggi più decorosi per il personale sanitario. Anche il mobilio subì un considerevole cambiamento, sia per i reparti che per gli uffici, seguendo la logica per i primi di garantire l'incolumità dei pazienti e per i secondi i renderli più solenni e prestigiosi.
    Veniva inoltre descritta la distribuzione dei locali:
    "Edificio vecchio
    a) Piano a livello dell'ingresso principale: nel corpo di fabbrica anteriore: uffici sanitari ed amministrativi, il laboratorio scientifico, l'alloggio per la famiglio dei sanitari; nel corpo di fabbrica posteriore od interno: a sinistra alloggio personale per un sanitario, alloggio per le suore, a destra sezione femminile, reparto per tranquille, sale di soggiorno e refettorio, parlatorio, stanze da letto per alcune infermiere; nel copro di fabbrica intermedio, congiungente i due corpi anzidetti, a destra della galleria, grande dormitorio per ammalate tranquille, a sinistra stanze per i portieri, ambulatorio per i malati esterni, parlatorio per ricoverati tranquilli (uomini).
    b) Ammezzato. Guardaroba
    c) Piano superiore. Nel corpo di fabbrica anteriore dormitori per malati tranquilli (uomini) e per infermieri; nel corpo di fabbrica posteriore ed intermedio dormitori per malate tranquille e per infermieri
    d) Piano inferiore. Nel corpo di fabbrica anteriore ed intermedio sono rimasti la cucina ed i magazzini ed essa annessi. Nel corpo di fabbrica posteriore: a sinistra reparto di osservazione per uomini; a destra reparto di osservazione donne; al centro refettori per il personale maschile e femminile.
    e) Piano terreno nel corpo di fabbrica posteriore. Laboratori di calzoleria e tessitoria
    Edificio recente
    a) Nel terzo sinistro (lato nord), sezione maschile, reparto unico per agitati e semiagitati;
    b) Nel terzo medio sezione maschile, reparto per tranquilli;
    c) Nel terzo destro (lato sud) sezione femminile, reparto per agitate e semiagitate." (vd.
    nota 20)

    A dispetto dell'evidente risanamento dei locali e della rigenerazione dell'organizzazione sanitaria dell'Ospedale psichiatrico, apportata negli anni successivi alla piena riappropriazione da parte della Provincia, nel 1918 una relazione della Commissione di vigilanza, evidenziava ancora lacune definendo il Manicomio di Fermo come "luogo di sofferenze e non luogo di pietosa assistenza dei malati." Ancora una volta, risultavano insufficienti i tentativi di creare nel territorio fermano una struttura ricettiva capace di essere riferimento scientifico ed assistenziale valido ed efficace; così che nella stessa relazione il Manicomio è percepito come "un difetto da origine: appena reso provinciale, con l'acquisto del fabbricato che apparteneva alla Congregazione di carità di Fermo, si è dimostrato insufficiente per ampiezza, in cattive condizioni edilizie e assorbì denari e lavoro per renderlo più adatto allo scopo per cui era stato acquistato e per il quale non lo era certamente per molti anni ricoverasse alienati." In quell'anno si registravano 300 malati mentre non avrebbe potuto ospitare più di 200 individui.
    Solo un decennio dopo, a seguito di un'ulteriore visita della Commissione di vigilanza, i membri della stessa rimasero ottimamente impressionati dai numerosi e consistenti miglioramenti accertati, rimarcando nella relazione stilata dopo il sopralluogo del 15 luglio 1929, che "i locali, specialmente i nuovi, sono spaziosi e con grandi finestre esposte a mezzogiorno e a ponente, l'approvvigionamento idrico abbondante, il servizio dei bagni regolare, con vasche ed apparecchi idroterapici svariati, le latrine pulite, con sedili alla turca, a valvola idrica, con scarico automatico dell'acqua di lavaggio, il guardaroba ben provvisto ed ordinato, le cucine ben tenute e ben arredate, il sistema di cottura degli alimenti razionale, il cibo sano ed abbondante, i ricoverati ben vestiti, ben nutriti e distribuiti nei singoli reparti in proporzione della capacità dei medesimi; il servizio sanitario impeccabile; le storie cliniche diligentemente redatte, corredate delle necessarie indagini sussidiarie, con i diarii aggiornati, il laboratorio, pur se modesto, sufficientemente attrezzato per i bisogni dell'Istituto, i locali per i servizi generali convenientemente ubicati; il servizio di assistenza immediato e di amministrazione eseguito con vero spirito di sacrificio e di abnegazione. Il merito di tutti queste migliorie era attribuito al Direttore, il Prof. Rezza, che in breve tempo era riuscito a riportare l'antico Ospedale all'altezza del compito assegnatogli in ogni sua funzione. Grande merito, era quello di essere riuscito a risolvere la grave criticità di sovraffollamento dei malati nei reparti, mediante la costruzione di un nuovo padiglione, e favorendo di conseguenza il risanamento igienico di altri locali.
    Il progetto di nuova struttura, oramai consolidata dai numerosi e assodati ampliamenti e ammodernamenti dell'edificio, si compiva con il nuovo Regolamento speciale dell'Ospedale psichiatrico, approvato dalla Giunta provinciale amministrativa con atti 14 gennaio, 4 febbraio e 2 luglio 1929 (nota 21).
    Gli anni che seguirono si caratterizzarono per i numero si sforzi di dare all'Ospedale psichiatrico continuità e l'immagine di una struttura capace di adempiere alla esigenze della provincia in meteria di assistenza ai dementi. Le trasformazioni in campo medico e scineitifcio si tradussero in termini pratici in nuove condizioni di assistenza al paziente e nuove soluzioni di gestire una problematica questione sociale.
    Ulteriori cambiamenti e migliorie all'istituto si possono ricavare da una relazione a cura del Direttore, il Prof. Antonino Tomassino, in cui si sottolineava le novità in campo di assistenza sanitaria: "per quanto riguarda le terapie, pur restando fedeli a quelle tradizionali da shock, si ricorre largamente ai più recenti ritrovati della psicofarmacologia. Le attività ergonomiche impegnano circa 150 malati e 100 malate: gli uomini svolgono prevalentemente lavori di servizi generali all'interno e all'esterno dei reparti, le donne lavori di cucito, di maglieria, di ricamo e di pulizia interna dei reparti. Per i più volenterosi e sufficientemente dotati funziona una scuola per analfabeti ed una scuola di musica. Ciascun reparto è dotato di televisore; inoltre si danno spettacoli cinematografici settimanali, teatrali e di arte varia".
    Nella stessa relazione si dava notizia dell'istituzione di un nuovo reparto ossia l'Istituto Medico Psico-Pedagogico "De Sanctis" (nota 22) per fanciulle ed adolescenti frenasteniche e alla data del 1954 vi erano 15 ricoverate; un tentativo di migliorare le condizioni delle degenti bambine costrette altrimenti a condividere con pazienti dalle patologie più svariate. A capo della struttura era indicato lo stesso Direttore dell'Ospedale affiancato da due medici primari e un assistente. L'istituto "Sante De Sanctis" , sorto in origine con altre finalità in un edificio a due piani, era posto in buona zona climatica, Risultava isolato più del consistente complesso dell'Ospedale psichiatrico, pur restandone adiacente. Il personale era costituito dal Direttore dell'Ospedale psichiatrico e dai Servizi di Igiene mentale della provincia. Una neuropsichiatria infantile veniva incaricata dai servizi di igiene mentale. Una suora capo servizio, diplomata in scuola materna, quattro insegnanti statali di ruolo, specializzate in scuola ortofrenica. Quattro infermiere.
    La capienza dell'Istituto era di non più di 40 posti letto. Ma nonostante ciò risultava insufficiente rispetto alle reali esigenze.


    La legge Basaglia del 1978 pose fine a questo tipo di assistenza, il Manicomio di Fermo continuò ad operare fino al 1981 quando il consiglio provinciale deliberò nella seduta del 13 agosto che si disponesse la chiusura dell'Ospedale psichiatrico provinciale di Fermo per i ricoveri in regime di degenza ospedaliera con decorrenza dal 01/10/1981 ed inoltre si stabiliva che dalla stessa data dovesse entrare in funzione una nuova struttura destinata al servizio sanitario dell'Ospedale psichiatrico quale il "Centro residenziale di assistenza socio-sanitaria", per quei pazienti non immediatamente trasferibili in altre strutture di accoglienza. Inoltre a quella data nessun nuovo paziente poteva essere ammesso nella struttura.


    Cronologia delle modifiche strutturale allo stabile dell'Annunziata
    E' possibile tracciare una cronologia dei cambiamenti apportati all'edificio ospitante l'Ospedale psichiatrico provinciale di Fermo dal 1873 al 1964 (nota 23). Al momento dell'utilizzo del convento dei Frati Minori Osservanti al Manicomio era destinato il primo piano del corpo posteriore del fabbricato ed inoltre viene utilizzato anche il primo piano del corpo anteriore dell'ex Convento ove sono collocati i vari Uffici, le abitazioni del personale ed i bagni. Il primo piano del corpo posteriore viene diviso in due sezioni: a nord per gli uomini e a sud del corridoio di accesso per le donne, con la costruzione di celle e camerini.

    -1874: si formano i giardini attigui alle due sezioni:
    -1877: viene costruita (su disegno dell'Ing. P. Darti) l'ala nord del secondo corpo del fabbricato, destinato agli alienati disordinati;
    -1879: si crea il terzo giardino, attiguo alla recente costruzione. Si formano la "camera turchina" convenientemente imbottita per i maniaci furibondi, e la "camera rossa" per quelli depressi;
    -1895-1896: viene costruito il terzo corpo di fabbricato congiunto mediante due gallerie al secondo corpo (ex convento), fornendolo di tre giardini siti a levante;
    -1910-1915: vengono eseguite opere di trasformazione e riordino dei vari corpi di fabbricati, tra cui sono notevoli la sistemazione degli uffici (Direttore , biblioteca) e i reparti per le varie specie di alienati oltre gli alloggi per le Suore e per i Sanitari;
    -1918: costruzione della colonia agricola su progetto dell'Ing. Bellocci, sotto la direzione del Prof. R. Righetti;
    -1925: trasformazione della chiesa in tre reparti per alienati;
    -1935: istituzione della latteria presso la colonia agricola;
    -1940-1946, a causa degli eventi bellici, non sono state eseguite opere di rilievo;
    -1947-1948: costruzione della colonia agricola su progetto dell'Ing. F. Cimica;
    -1951 Installazione di termosifoni nei vari ambienti dell'Ospedale;
    -1956 Installazione di una centrale radiofonica con diramazione nei vari reparti di altoparlanti;
    -1958 moderno impianto di cucina a vapore. Ammodernamento dei servizi igienici nei vari reparti. Sistemazione degli alloggi per i sanitari;
    -1959 Impianto di telefoni interni in tutti i reparti e negli uffici;
    -1962 costruzione di un nuovo padiglione per malati, a completamento della lavanderia.
    -1963 messa in opera di due nuovi serbatoi per acqua calda e fredda. Costruzione di una nuova chiesa;
    -1965 ammodernamento ed ampliamento locali del guardaroba;
    -1967 ammodernamento e trasformazione dell'antico padiglione dei malati addetti all'aqzienda agricola in Reparto psicogeriatrico femminile.

    Cronologia dei Direttori:
    - Augusto Vittorangeli
    - Alessandro Bianchini
    - Lorenzo Monti
    - Federico Lanzoni
    - Roberto Adriani
    - Bianchini
    - Oscar Giacchi
    - Testi
    - Domenico Zanini
    - Alfredo Zavaldi
    - Carlo Poggi
    - Remolo Righetti
    - Alberto Rezza
    - Lelio Grimaldi
    - Antonio Tomasino
    - Bruno Bisio
    - Ernesto Buondonno

    Note

    Nota 1. Ego Polimanti, "L'assistenza al malato di mente a Fermo nella prima metà dell'800".

    Nota 2. Vincenzo Chiarugi Trasferitosi a Firenze dopo la laurea, nel 1782 è nominato assistente del S. Maria Nuova. Il suo nome si lega alla nascita della Psichiatria: viene in contatto con questa patologia al S. Dorotea (dove era stato destinato nel 1785) facendosi apprezzare dai suoi superiori per l'ottica nuova con cui affronta la cura degli psicopatici fino ad allora considerati pericolosi e tenuti in catene: le sue esperienze, raccolte nell'opera Della Pazzia, costituiscono una novità a livello europeo. Nel 1788 viene nominato primo infermiere dell'ospedale di Bonifazio che viene appositamente rinnovato per la cura dei malati di mente.

    Nota 3. Sulle origini del manicomio di Ancona cfr. G. ROCCA, "Alle origini del manicomio. L'Ospedale dei pazzi di Ancona" Milano, F. Angeli, 1998.
    Nota 4. La circolare, n. 760 sez. 2 del 30 dicembre 1846, disponeva l'anticipo ai Comuni da parte della Provincia dei pagamenti delle rette per i propri residenti poveri, ricoverati in Manicomio.

    Nota 5 . ASFM, Archivio dell'estinto Consiglio Provinciale di Fermo, anno 1852, b. 125.

    Nota 6. ASFM, Archivio dell'estinto Consiglio Provinciale di Fermo, anno 1853, b. 126.

    Nota 7. Il contratto di affitto del 6 ottobre 1852 così disponeva: "..Il Priore della Religiosa famiglia di S. Domenico....concede in affitto alla Commissione Amministrativa Provinciale di Fermo... Alcuni locali da enunciarsi così appresso facenti parte del Convento della codesta religiosa famiglia, sotto l'osservanza di patti e condizioni". Di seguito poi venivano così descritti i locali: " ..vi si accede con la porta di ingresso situata nella pubblica strada, accanto quindi all'archivio notarile. Nel primo ingresso vi è la porta che conduce alle latrine, quindi la scala, colla quale si accede al piano superiore. Nel secondo ripiano di detta scala vi è la porta che immette al primo vano, dal quale a destra si accede alla cucina ed a sinistra al secondo vano, di fronte a questo vano vi è la porta che immette al terzo quarto e quinto vano, e a sinistra altra porta che conduce al lungo corridoio ". l'art. 3 di detto contratto stabiliva l'affitto annuo di 65 scudi.

    Nota 8. L'art. 22 del contratto 8 dicembre 1837 prevedeva che: "Riceveranno altresì, i dementi, quando avrà avuto effetto l'erezione della fabbrica di un Ospedale apposito, con quei mezzi, che saranno creduti più opportuni col concorso dell'intera Provincia, da erigersi nel locale di S. Caterina" . ASFM, Archivio dell'estinto Consiglio provinciale di Fermo, b.130, anno 1856.

    Nota 9. 29.09.1853-23.12.1853 data di ingresso e di uscita del primo ricoverato nella Casa di Accoglienza. M.D. di Pedaso. Rubrica degli entrati Archivio Storico Ospedale Psichiatrico Provinciale di Fermo.

    Nota 10. ASFM, Archivio dell''estinto Consiglio Provinciale, a. 1857 b. 131 f. Acquisto del fabbricato Bocci per la erezione del Manicomio.

    Nota 11. ASFM, Archivio dell'estinto Consiglio Provinciale di Fermo, b. 131, anno 1857.

    Nota 12. "Monastero agostiniano maschile di S. Pietro Vecchio, anteriore al XII secolo,(...)Sorgeva nell'area oggi occupata dal convento e dal giardino delle suore Benedettine, alla confluenza tra viale Trento e via C.A. Vecchi ( Castiglionese), a circa 500 metri dalla porta di S. Francesco.... Nel 1598 il vescovo di Nocera , monsignor Costantini, fece istanza ai canonici di cedere la chiesa ad il monastero ai frati Zoccolanti di S. Francesco da Paola ed il Capitolo, tramite suoi rappresentanti, il giorno 3 maggio 1599 fece la consegna" L. Tomei. "Genesi e primi sviluppi del Comune nella Marca. Le vicende del Comune di Fermo dalle origini alla fine del periodo svevo". In Atti del IV Seminario di Studi per personale direttivo e docente delle scuole. Cupra Marittima, 27-31 ottobre 1992.

    Nota 13. Cfr, b.131 Archivio dell'estinto Consiglio Provinciale di Fermo.

    Nota 14. Seduta della Congregazione di Carità in data 20 novembre 1903. ASAP, Fondo provinciale.

    Nota 15. ASFM, Sottoprefettura di Fermo, anno 1866, b. 8, fasc. 8 Manicomio- Statuti. Art. 1 dello Statuto organico pel manicomio provinciale di Fermo.

    Nota 16. Relazione al Consiglio Provinciale del 15 novembre 1871.

    Nota 17. Il Complesso della SS. Annunziata, destinato all'Ordine dei frati Minori Osservanti, subì nel corso dei secoli numerose trasformazioni. La chiesa dell'Annunziata, sorta sul luogo di S. Martino in Varano, fu consacrata nel 1473, il convento venne terminato nel 1484. Nel 1690 il tempio fu quasi interamente riedificato per opera del cradinal Ginetti, nel 1708 venne rialzata la navata centrale. Nel penultimo decennio del secolo XVIII, completato un nuovo braccio a due piani del Convento, si diede inizio ad una ricostruzione globale su progetto dell'architetto Scipione Daretti. I lavori subirono un rallentamento in occasione della nascita della Repubblica Romana ( 1798) e l'abbattimento del potere temporale della Chiesa, ma ripresero con ripristino del Governo pontificio. Il tempio, completato nel 1802, l'anno successivo ricevette la consacrazione dal cardinal Brancadoro, rimanendo aperto al culto durante la dominazione napoleonica. Caduto Napoleone, il convento, già confiscato, fu riscattato dal Procuratore generale dell'Ordine cossiché nel 1815 i frati vi poterono ritornare; nel 1816 fu necessario procedere ad alcuni lavori di restauro per rimediare ai danni provocati dal terremoto; successivamente, nel 1830, fu edificato il nuovo campanile. Con l'Unità d'Italia e l'esproprio dei beni appartenenti agli Enti ecclesiastici, il Convento divenne proprietà statale e nel 1863 il municipio di Fermo ottenne dal demanio la concessione dell'edificio da assegnare all'Ospedale civile e militare, amministrato dalla Congregazione di carità; a questa gli stabili furono consegnati l'anno successivo.

    Nota 18. Art. 6. L. 14 febbario 1904, n. 36

    Nota 19. R. Righetti, "Il Manicomio provinciale di Fermo, riordinamento dell'istituto, note statistiche 1909-1914", Ascoli Piceno, stabilimento grafico Gius. Cesari, 1916.

    Nota 20. Cfr. R.Righetti

    Nota 21. L'art. 1 "La Provincia di Ascoli Piceno provvede al servizio obbligatorio di cura e custodia degli infermi di mente nei modi stabiliti dalla legge 14 febbraio 1904 n. 36 e del relativo regolamento 16 agosto 1909 n. 615, ricoverandoli nel proprio Ospedale Psichiatrico in Fermo."

    Nota 22. Sante De Sanctis (Parrano (Terni) 1862 - Roma 1935) Conclusi gli studi medici con una tesi sulle afasie (Roma, 1886), si dedicò alla anatomia patologica nel laboratorio di G. Mingazzini presso il manicomio di Roma. Si recò quindi a Zurigo e a Parigi per perfezionare i suoi studi psichiatrici. Aiuto nel 1892 della Clinica psichiatrica romana, si applicò alle ricerche sul sogno e il sonno. Dal 1906 professore di psicologia sperimentale, impostò e diresse nell'Ateneo romano un laboratorio da cui usciranno numerosi studi e ricerche. Costante l'impegno per l'infanzia affetta da handicap, cui dedicherà studi monografici (L'educazione dei deficienti, 1915) e originali soluzioni istituzionali (gli Asili-scuola, 1899). Tra i primi esponenti della psicologia scientifica italiana, può essere considerato il padre della neuropsichiatria infantile in Italia.

    Nota 23. "Relazione sull'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Fermo"del Dott. Salvatelli Cesare Augusto, Assessore Provinciale delegato all'Ospedale psichiatrico provinciale in Fermo, gennaio 1954.



  • Redazione e revisione:
    Mercatili Francesca, 15/12/2007, Schedatura, riordinamento ed inventariazione