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Accademia di belle arti Pietro Vannucci di Perugia, Perugia, 1573 -

  • Ente
  • Estremi cronologici: 1573 -
  • Intestazioni:
    Accademia di belle arti Pietro Vannucci di Perugia, Perugia, 1573 -
  • Altre denominazioni: Accademia di belle arti Pietro Vannucci di Perugia
  • Nel 1573, in Perugia, "una vertuosa schiera di pittori, et architetti" si riuniva "alle volte a discorrere [...] della Pittura, Scultura, Architettura, Prospettiva, Fortificazioni, et le altre parti tutte che si tira dietro il Dissegno". L'intento di tali incontri era duplice: da un lato sollecitare "l'intelligenza dell'Arte del dissegno per servirsene al mistiero della guerra", dall'altro lato approfondire "le cose d'Architettura, che tanto è giovevole alle Città Nobili et magnifiche" (1).
    Alcuni "gentil'huomini, Capitani, et honorati Cittadini", messi al corrente dei propositi del gruppo, non solo appoggiarono l'iniziativa, ma "pregarono i Professori della Pittura, scultura, et architettura, che a maggior gloria della Patria, et profitto di loro che desideravano essercitarsi ne gli studi nobilissimi del dissegno, si dovessi tosto principiare un'Academia, la quale havendo per principale oggetto la virtù, si potrebbe certamente sperare in processo di tempo che di essa dovessero riuscire huomini eccellenti et rari".
    La perugina Accademia del disegno era costituita da "artefici" - ovvero professionisti dell'arte del disegno - e da notabili della città, i quali ottennero dal governatore generale dell'Umbria, in Perugia (2), l'uso dell'oratorio di S. Angelo della pace (3) in cui, a partire dal 1573, presero a riunirsi ogni domenica (4). I primi capi eletti in seno all'Accademia del disegno, per i primi sei mesi del 1573, furono il pittore Orazio Alfani e il matematico Raffaello Sozi i quali provvidero a "stabilire le leggi dell'Academia, et ordinarono che si facessero alcune lettioni d'Architettura, di Mathematica, et sopra tutto facevano essercitare gl'Academici di fare dissegni, di fare statue di terra piccole [...] e molte belle pianti sopra diverse fabbriche". Durante gli incontri non potevano mancare, inoltre, "molti dotti discorsi sopra diverse cose che si ricerca nel dissegno et nelle sue parti" (5).
    La lezione inaugurale si tenne il 27 giugno del 1573, alla presenza del governatore di Perugia che, dopo aver ascoltato con viva attenzione il discorso pronunziato da Raffaello Sozi incentrato sul tema "Delle proportioni e della utilità grande che da loro si ritrae", intervenne con alcune personali considerazioni sulla pittura e sulla scultura (6).
    L'approfondimento e l'estensione della conoscenza teorica della matematica e della geometria, finalizzata alla individuazione delle maggiori affinità con la prospettiva, nonché l'impulso a trarre norme positive dal tirocinio pratico costituiscono le connotazioni fondamentali dell'attività dell'Accademia negli ultimi decenni del XVI secolo. L'attività artistica concreta, sicuramente secondaria rispetto alle discussioni "accademiche" su questioni generali, non era esclusa ed era praticata in forma libera (7).
    Alla primissima fase di attività dell'Accademia diedero il proprio apporto i due fratelli Danti, lo scultore Vincenzo e il cosmografo Ignazio, originari di Perugia ma attivi principalmente a Firenze, città nella quale erano membri della locale Accademia del disegno (8). Vincenzo, in particolare, donò agli accademici perugini il calco in gesso delle quattro statue che adornano i sarcofaghi michelangioleschi delle tombe medicee nella Sacrestia Nuova in S. Lorenzo, a Firenze (9) e assunse l'incarico di pubblico architetto a Perugia (10).
    Principale compito di tale ufficiale era la "conservatione degli edificii publici" che, "come per esperientia si vede parte per l'antichita loro e parte per non havere la Città una persona che tenga particular cura di visitarli e rivederli se ne vanno tuttavia in perditione" (11). Nonostante vi fossero i "Mastri di strada", deputati ad effettuare periodiche ricognizioni sullo stato di conservazione dei monumenti pubblici, "essi [i mastri di strada] nondimeno non hanno altra cosa de ripararli quando son rovinati" e i priori, pertanto, risolvettero di designare "un architetto publico il quale pigli non solamente il carico di andare spesso per la Cittade e contado scorrendo e rivedendo i ponti le fonte e loro aquedutti e tutti gli altri ofitii communi", bensì "dia loro il disegno e l'ordine di ripararli con quella stabilità e con quello ornamento utile e vantaggio che conviene". La scelta dell'architetto, le cui specifiche attribuzioni vennero definite in appositi capitoli, cadde - come già anticipato - su Vincenzo Danti (12) e, nel 1576, su Bino (Bernardino) Sozi che figurava tra i quattro artisti designati dall'Accademia del disegno (13).
    Nel 1578 i priori di Perugia concessero agli accademici l'uso di una grande stanza, ubicata presso il Campo della Battaglia, che venne adibita alla pratica della plastica e della scultura (14).
    A cavallo tra il XVI e il XVII secolo l'Accademia fu retta dal celebre architetto perugino Valentino Martelli ma, nei primi anni del Seicento, si affievolì sensibilmente l'attività del gruppo tanto che, nel 1630, rimasero solo sei accademici effettivi (15).
    Per il periodo compreso tra il 1630 circa e l'inizio del XVII secolo non sono state rinvenute testimonianze significative riguardo all'attività dell'Accademia e cioè tracce di iniziative poste in essere, o riferimenti a lavori artistici eseguiti, su libera iniziativa o su committenza, bensì solo notizie relative a difficoltà logistiche derivanti da spostamenti di sede (16).
    Dopo un periodo - che non è stato possibile definire - di sospensione delle attività dell'istituto, i pittori Giacinto Boccanera, Giuseppe Laudati e Francesco Busti, nel 1731, inoltrarono un memoriale ai decemviri di Perugia per la riapertura dell'Accademia. Nell'istanza, in particolare, è scritto che i suddetti pittori avrebbero offerto disinteressatamente "l'opera loro con assistere alternativamente, or l'uno, or l'altro, nella stanza dell'Accademia per mettere in positura il modello, e poi con carità, ed amore rivedere, e correggere li disegni rilevati da quello" (17).
    La ripresa dell'attività dell'Accademia è confermata dall'assegnazione di sussidi, nel 1734, da parte della Sacra congregazione del buon governo, attraverso il Comune di Perugia. Quest'ultimo, in particolare, come da richiesta dei "maestri di scola della pittura, e disegno", concesse l'anno successivo "quella quantità di esso [gesso] per formare alcune statuette e modelli per uso, et ornamento per detta Accademia", da estrarre nella cava di Monte Malbe. La richiesta di cui sopra è particolarmente significativa poichè evidenzia due aspetti, peraltro strettamente connessi tra di loro: da un lato la tendenza a frequentare l'ambiente dell'Accademia per esercitarsi, dall'altro il profilarsi della "funzione propriamente didattica" dell'istituto, per quanto in una forma assai libera (18). Tuttavia, nonostante il rinnovato interessamento da parte delle istituzioni, nel 1737 scoppiò uno scandalo che suscitò vasta eco, provocato da alcuni "discoli giovinastri" frequentatori dell'Accademia: costoro, accusati di reati contro la religione o contro le autorità ecclesiastiche, vennero incarcerati e l'Accademia, allora diretta dal pittore Giacinto Boccanera, fu chiusa su disposizione del cardinal protettore (19).
    Ma se il provvedimento di chiusura sembrava destinato a mettere la parola fine all'esistenza dell'Accademia del disegno di Perugia, dopo poco più di un quarantennio quest'ultima potè essere ristabilita definitivamente, seppure con caratteristiche che la distinguevano rispetto al passato. Nel 1781, infatti, con deliberazione del 17 agosto i decemviri di Perugia accolsero "la richiesta, inoltrata dal pittore Carlo Spiridione Mariotti, di ottenere l'uso dei locali già occupati dall'Accademia, al fine di aprire una scuola di pittura che avrebbe potuto assolvere anche funzioni di scuola pubblica" (20): si passava così da una scuola privata ad un istituto di istruzione artistica per l'insegnamento della pittura e del nudo.
    Ai vertici della rinata Accademia del disegno, al cui mantenimento avrebbe provveduto per intero la Magistratura comunale di Perugia, vennero nominati il direttore (lo stesso Mariotti) e i due soprintendenti Carlo Massini e Giuseppe Sensi. Fu primo intendimento delle autorità perugine l'allestimento dei locali e l'acquisto delle attrezzature e del materiale didattico, mentre, per quanto riguarda il funzionamento del neo istituto, fu incaricato di stenderne le linee fondamentali il pittore e scultore perugino Baldassarre Orsini, il quale subentrò al Mariotti nella direzione dell'Accademia nel 1790 (21). Avendo definito le tipologie degli insegnamenti fondamentali da impartire, ovvero "accademia del nudo", Geometria pratica, Architettura e Prospettiva (22), il 4 luglio del 1790 presero avvio ufficialmente le lezioni accademiche.
    Il funzionamento dell'istituto, che assunse piena funzione didattica, fu organizzato secondo appositi regolamenti, approvati nella seduta del Consiglio municipale di Perugia del 30 giugno 1791 (23). Nel proemio dei regolamenti, il cui testo era ispirato a quello di un omologo istituto tra i più antichi e prestigiosi in Italia, quello dell'Accademia di belle arti di S. Luca in Roma (24), è scritto che al direttore dell'Accademia del disegno, nominato dai decemviri perugini, si raccomandava "il tanto necessario Studio delle pratiche Geometrie, e delle istruzioni Architettoniche" e, "affinché il retto ordine sia premurosamente osservato, piace a noi, per l'ottimo necessario fine conseguire, di fare elezione ogni Anno di un Principe dell'Accademia, da destinarsi nelli Nobili Soggetti, componenti il Consiglio dei Quaranta", per il "mantenimento del buon ordine della medesima" (25). Per il primo triennio di attività della ristabilita Accademia vennero estratti dal bussolo i nominativi di Carlo Massini, di Giuseppe Sensi e del marchese Diomede Bourbon di Sorbello i quali formarono il comitato incaricato dell'amministrazione dell'Ente e si alternarono, uno per anno, come "prìncipi" dell'Accademia (26).
    Con riferimento al contenuto dei regolamenti, di notevole interesse, negli articoli 1-3 sono passati in rassegna gli insegnamenti accademici (accademia del Nudo, Architettura e Prospettiva) e i giorni di svolgimento delle lezioni; l'articolo 5 concerne le modalità di ammissione in Accademia, negli articoli 7-8 si danno disposizioni circa i modelli (e cioè che siano ritenuti meritevoli dell'incarico da parte della magistratura perugina e che siano provvisti "della dovuta patente"); dall'articolo 9 al 13 si occupano dell'assegnazione (27), dello svolgimento e della presentazione delle prove di concorso nonché della relativa correzione; gli articoli 14 e 15 puntualizzano i criteri di valutazione dei disegni da parte dei docenti e le premiazioni dei lavori giudicati migliori, mentre gli articoli 16-19 e 21 riguardano la disciplina e la condotta morale degli studenti frequentanti i corsi accademici (sono contemplate le ammonizioni comminate dal direttore in prima istanza e, in casi di maggior gravità, l'espulsione).
    Dalla lettura delle carte prodotte durante il periodo della dominazione francese (28), segnatamente negli anni dell'impero napoleonico, emerge a chiare lettere il disagio del Corpo accademico rispetto al trasferimento della sede dell'Accademia, per ordine del maire di Perugia, dalla sede originaria in Porta Sole a Monte Morcino - già complesso monastico, poi sede dell'ateneo perugino - nelle stanze dette "del noviziato", tra i mesi di giugno e di luglio del 1813. Era piuttosto forte, infatti, la preoccupazione che la libertà e l'autonomia dell'Accademia fossero seriamente minacciate dall'ingerenza dell'Università, in ordine ai locali utilizzati, all'unico accesso che doveva servire ad entrambe le istituzioni, agli oggetti d'arte di proprietà dell'Accademia e alla scelta del personale di servizio. Il giorno successivo si tenne una seduta alla presenza del conte Giulio Cesarei Rossi Leoni maire e protettore dell'Accademia, del conte Giovanni Spada per parte del governo in qualità di sottoprefetto del Dipartimento del Trasimeno, del marchese Giuseppe Antinori preside dell'ateneo perugino e di Carlo Labruzzi direttore dell'Accademia "per assistere a quest'atto solenne di possesso che oggi riceve la nostra Accademia suddetta per porre la sua sede in questo nuovo locale di Montemorcino" (29): al primo punto delle risoluzioni è scritto "che la nostra Accademia continuerà ad avere la stessa indipendenza, non riconoscendo altri sopra di se, che la persona stessa dell'attuale Sovrano, dei suoi rappresentanti, in seguito delle leggi destinati, del suo protettore, e del suo direttore pro-tempore". Nel regolamento accademico già approvato dalle autorità municipali perugine il 21 luglio del 1813 fu altresì stabilito, come risposta alla formale richiesta fatta due giorni innanzi dal direttore Labruzzi, che l'ammissione degli studenti tra gli accademici potesse avvenire solo dietro approvazione del maire; inoltre, si fissavano l'età minima di ammissione in Accademia (undici anni), la data per la scelta dei temi di concorso dell'anno a venire, il divieto di dare o di prestare oggetti dell'Accademia a qualunque titolo e altre norme disciplinari, "dando alle medesime tutta la forza di publico atto accademico, e decreto" (30).
    Il primo statuto organico dell'Accademia seguì di poco il ripristino del potere pontificio, all'inizio della seconda Restaurazione, essendo stato approvato nel 1815 (31). Esso è costituito da sei "Capi", suddivisi in articoli, che trattano delle finalità dell'istituto, delle cariche e del funzionamento dei propri organi, dello svolgimento dell'attività didattica, infine del personale ausiliario e di servizio (32).
    Con riferimento alla funzione precipua dell'Ente, l'articolo 1 precisa che "l'Accademia è stabilita per insegnare, e promuovere le Belle Arti, e per onorare il merito di coloro, che vi si distinguono con ammetterli nel suo Corpo. Essa sarà composta da un Presidente, da un Vice Presidente, da un Direttore, da un Segretario, da un Economo, e da Accademici di merito, e da Accademici d'onore" (33).
    Faranno parte del Consiglio permanente dell'Accademia il presidente, il vicepresidente, il direttore, il segretario e 10 consiglieri, residenti in Perugia, da scegliersi tra i membri del Corpo degli accademici di merito; condizione di validità delle risoluzioni adottate dal Consiglio permanente è che alle sedute siano presenti almeno i due terzi dei membri, non considerando nel conteggio il presidente o il vicepresidente. Al Consiglio permanente sono attribuiti i compiti di amministrare tutte le proprietà dell'Accademia, di procedere alle elezioni del presidente e del vicepresidente, residenti in Perugia, scelti fra gli accademici onorari, e alla nomina dei docenti (da sottoporre comunque a ratifica delle autorità comunali), di regolare l'attività didattica dell'Istituto e di vigilare, infine, sulla condotta "dei Maestri e degli Impiegati" (capo I, art. 3). Il presidente o il vicepresidente sono da considerare i legali rappresentanti dell'Accademia e dovranno sempre partecipare, almeno uno dei due, alle sedute consiliari; entrambi dureranno in carica un triennio e potranno essere riconfermati; a costoro spetterà inoltre sottoscrivere ogni deliberazione e ogni patente accademica, nonché i mandati di pagamento, i contratti e i ruoli di esazione. Sarà loro prerogativa, infine, convocare le assemblee straordinarie del Consiglio e degli accademici e nominare le commissioni accademiche (art. 4). Al direttore o "primo maestro" in Accademia, nominato dai decemviri su proposta del Consiglio accademico, spetterà sovrintendere "alla Direzione degli studi, ed al mantenimento del buon ordine in tutte le Scuole", finalità da attuare anche attraverso appositi regolamenti che il Consiglio dovrà approvare (art. 5). Compiti molteplici sono attribuiti al segretario, eletto tra i membri del Corpo degli accademici di merito: costui era obbligato a partecipare ad ogni assemblea e ad annotare i nominativi dei partecipanti e degli assenti, a sottoscrivere le patenti degli accademici, i diplomi e gli ordinativi del presidente relativi ad ogni tipo di spesa, inoltre ad avere in custodia l'archivio e i sigilli dell'Istituto (art. 6). La gestione delle proprietà dell'Accademia sarà di competenza dell'economo, il quale ne redigerà apposito inventario che il Consiglio esaminerà ed approverà; l'economo provvederà a liquidare gli emolumenti dei docenti e a fare il rendiconto alla fine di ogni semestre; egli, infine, avrà la responsabilità di qualunque oggetto d'arte appartenente all'Accademia (art. 7). Gli "artisti più rinomati, che esercitano la pittura, scultura, ed architettura non eccettuati coloro, che si distinguono in alcuno dei principali rami di dette arti" andranno a costituire gli accademici di merito il cui numero non avrà limitazioni; potranno far parte degli accademici di merito anche i forestieri e le donne e solo coloro i quali sono stati designati a comporre il Consiglio permanente dovranno risiedere in Perugia (art. 8). Gli accademici d'onore, anch'essi in numero illimitato, saranno nominati - su proposta del presidente - dal Consiglio che delibererà sull'ammissione o sull'esclusione dei medesimi (34). All'art. 1 del capo II è stabilito che il Consiglio dovrà riunirsi ordinariamente ogni due mesi, eccettuato il periodo delle vacanze, al fine di trattare "tutto ciò, che può contribuire all'avanzamento delle Belle Arti"; nelle sedute si dovrà procedere allo scrutinio dei cosiddetti lavori di concorso specifici di ciascuna facoltà (disciplina artistica) e una volta all'anno si terrà una seduta aperta dedicata alla distribuzione dei premi e dei diplomi annuali, mentre ogni tre anni si procederà alla distribuzione dei "gran Premi triennali" (capo II, art. 2). L'ammissione di un artista tra gli accademici di merito è affrontata al successivo articolo 3: il presidente, congiuntamente al direttore, nominerà apposita commissione segreta di tre membri per valutare i titoli e i requisiti del candidato. Alla nomina dei nuovi consiglieri si dovrà procedere in modo tale che ogni accademico esprima tre preferenze tra i nominativi degli accademici di merito: sarà designato colui che avrà riportato il maggior numero dei voti (capo II, art. 6). La destituzione di un membro del Consiglio accademico costituisce l'oggetto dell'art. 8 (del capo II) in cui è sancito che il Consiglio si riunisca in seduta straordinaria, ovviamente senza il soggetto incriminato, per esprimersi sulla destituzione o sul reintegro del medesimo nelle proprie funzioni e prerogative. Solo le cariche di consigliere, di segretario e di economo durano a vita, così come stabilito nell'art. 7 del capo II, almeno fino al momento in cui si profilino situazioni che possano far pensare a casi di destituzione.
    Nel capo III è affrontato il tema delle Scuole. Vi sarà "un professore di Pittura istorica, il quale potrà essere anche il direttore dell'Accademia" e "si presterà ad insegnare i primi rudimenti del Disegno e di Anatomia adattabile all'arte della Pittura, e tutto ciò che può aver relazione a quest'arte stessa, detto professore presiederà anche alle Scuole di Disegno, e del nudo. Un professore di Scultura statuaria, il quale insegnerà altresì i principi del modellare con tutto ciò che gli riguarda nella sua facoltà. Un professore di Architettura, tanto teorica che pratica, il quale dovrà dare i rudimenti di Geometria, insegnando anche la Prospettiva, l'Ottica, e l'Ornato. Per le Arti meccaniche, poi, e per gli studi di Mitologia, Storia, e Costumi dovranno i giovani frequentare le cattedre esistenti in questa patria Università, senza di che non potranno essere ammessi al concorso delle due Facoltà di Pittura e Scultura" (art. 1). Ulteriori disposizioni riguardanti le modalità di svolgimento delle lezioni, nonché gli orari e gli obblighi cui erano tenuti i docenti nell'espletamento della propria attività, sono trattate negli articoli dal 2 all'8 dello stesso capo III (35).
    Per chiudere questa panoramica sullo statuto accademico del 1815 ricordiamo che il capo IV concerne gli studenti e i concorsi (36), che il capo V è incentrato sul modello e sul bidello e che l'ultimo capo è dedicato all'osservanza e all'esecuzione delle disposizioni statutarie.
    L'aver provveduto a redigere lo statuto e l'averne ottenuta l'approvazione dai decemviri perugini non dispensò l'Accademia dal dover procedere, nel giro di breve tempo, ad una revisione e ad una nuova versione del testo statutario medesimo, già nel 1819, con la quale furono apportate e introdotte importanti modifiche (37). Le novità più rilevanti rispetto al precedente non riguardano aspetti formali, ma determinano un'alterazione in profondità dei rapporti che intercorrono tra l'Accademia da una parte e le Istituzioni, dall'altro, con le quali la medesima, di fatto, doveva continuamente confrontarsi. Nell'art. 1, infatti, è scritto che l'Accademia "... gode di un lustro più grande per la speciale protezione del munificentissimo Sovrano Pontefice; riconosce la dipendenza dell'Eminentissimo Cardinale Camerlengo pro-tempore di Santa Chiesa, come Superiore immediato delle Accademie di questo genere; ed è in piena relazione con l'Accademia Romana di San Luca". Pertanto, se fino ad allora la Magistratura comunale di Perugia rappresentava l'organo cui si doveva far riferimento per la ratifica delle elezioni accademiche e per la "sovrana sanzione" degli statuti e dei regolamenti accademici, con la modifica statutaria del 1819 tale prerogativa passò direttamente alla Reverenda camera apostolica, organo finanziario centrale che aveva la propria sede in Roma, mentre, per quanto riguarda le questioni più strettamente didattiche e l'organizzazione degli studi, l'Accademia romana di S. Luca assurse a modello unico dell'analogo Istituto perugino.
    Con l'art. 3 si fissa a dieci il numero massimo di consiglieri residenti che fanno parte del Consiglio permanente; pertanto, al completo il Consiglio sarà di 15 elementi, salvo gli assenti. Nell'art. 9 si profila una più articolata composizione del Corpo degli accademici di merito: vi possono rientrare, infatti, gli esponenti delle arti secondarie del disegno come paesisti, cameisti, ritrattisti e incisori in rame; inoltre, sono compresi quelli che "per eccellenza professano le scienze ed esercitano le arti, le quali hanno la più stretta relazione ed il più vicino legame colle Belle Arti del Disegno". Sono altresì compresi i cosiddetti "statisti" (appartenenti allo Stato pontificio) quanto gli stranieri, gli uomini e le donne. Si dispone poi che il loro numero non sia limitato e che siano tenuti a risiedere a Perugia coloro che formeranno il Consiglio permanente dell'Accademia. Gli accademici di merito, ai sensi del medesimo articolo, sono tenuti a fare una dichiarazione (con preciso formulario), nelle mani del presidente, in ordine agli impegni che avrebbero assunto nell'esercizio delle proprie mansioni in Accademia; gli stessi, inoltre, si sarebbero impegnati a produrre e a lasciare il proprio ritratto in Accademia. Ulteriori precisazioni riguardano gli insegnanti, come ad esempio quella con cui si stabilisce che il docente che abbia intenzione di produrre trattati sulle belle arti sia tenuto a darne comunicazione al presidente e al direttore che stabiliranno i tempi di esecuzione degli stessi (art. 20); con l'art. 21, inoltre, si conferma che la proposta di nomina dei docenti spetta come di consueto al Consiglio accademico e che deve essere approvata dai "Pubblici Rappresentanti della Città", ma si sottolinea che "la remozione di essi [dei docenti] sarà riservata all'Eminentissimo Camerlengo pro-tempore" (38).
    Disposizioni collaterali riguardano l'obbligo, da parte degli studenti, di partecipare ad ogni festa di precetto o alle solennità particolari, ai "Divini Officj ed alle Congregazioni di pietà che si tengono regolarmente per tutti gli allievi della Università nella Chiesa dello stesso locale di Montemorcino", così come gli studenti dell'Università (art. 24), nonché ai funerali di persone comunque collegate all'Accademia (capo 6: obblighi e modalità di svolgimento delle esequie) (39).
    Negli anni successivi viene ampiamente confermato quanto prescritto nel dispositivo statutario. L'8 maggio 1830, ad esempio, il delegato apostolico scrive al gonfaloniere di Perugia, con nota protocollata n. 2762, e si richiama addirittura al chirografo di Pio VII del 1° ottobre 1802 in cui, quanto alle belle arti e soprattutto alle accademie, "tutto debbe esser subordinato alla piena autorità dell'eminentissimo signor cardinal camerlengo pro tempore. Difatti all'art. 15 del suddetto chirografo si leggano queste precise espressioni, che non lasciano alcun dubbio sulla reale ed inviolabile esistenza di questo suo diritto: "Vogliamo che Voi in figura di supremo ed indipendente magistrato abbiate un'assoluta giurisdizione vigilanza e presidenza sopra le antichità sacre e profane, sopra le Belle Arti e quei che le professano, sopra gli oggetti delle medesime, non solo in Roma, ma anche nello Stato Ecclesiastico, e sopra le Chiese, Accademie non addette a nazioni estere, ed altre società relative alle arti medesime". Da questa piena ed assoluta indipendenza ne risulta che senza l'approvazione dell'eminentissimo signor cardinal camerlengo non possono ne rimuoversi, ne eleggersi i principali soggetti delle Accademie dovendoglisi proporre qualunque cambiamento che voglia farvisi. Siccome pertanto non ebbe mai il medesimo alcun avviso della nomina del sig. Pietro Canali a direttore di questa Accademia in sostituzione del sig. professore Sanguinetti, e conseguentemente tale atto non fu da lui giammai approvato, si deve riguardare come irrito e nullo quanto fin qui si è fatto..." (40).
    I moti insurrezionali del 1831 e la Repubblica romana che si sviluppò nel 1849 non ebbero particolari ripercussioni nella vita dell'Istituto, salvo la sospensione dei corsi accademici (41).
    Nel 1847 il Consiglio comunale di Perugia, nella seduta del 5 giugno, assegnava all'Accademia una consistente somma annuale di scudi 120 per istituire una Scuola di Geometria, Ornato e primi rudimenti di Architettura applicata alle arti e ai mestieri. I corsi serali che poterono essere organizzati in quell'anno erano frequentati da 60 alunni che si avviavano alla tecnica artistica dei mestieri di muratore, intarsiatore, ebanista, intagliatore e fabbro ferraio (42).
    In seguito alla cessazione del potere pontificio, conseguente all'avvento del Regno d'Italia verificatosi in Umbria nel settembre del 1860, il marchese Gioacchino Napoleone Pepoli, commissario straordinario generale dell'Umbria, dispose con proprio decreto n. 238, del 14 dicembre 1860, l'assegnazione al Comune di Perugia dell'ex convento di San Domenico al fine di assicurare le risorse per il mantenimento del locale dell'Accademia di belle arti (43). Lo stesso commissario, inoltre, accordò all'Accademia un sussidio dalla Cassa ecclesiastica dello Stato con decreto n. 227 del 31 dicembre 1860 (44).
    Il 5 aprile 1864 l'accademico di merito Domenico Mollaioli inoltrò una proposta per la creazione di un istituto di belle arti annesso all'Accademia, su autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione, analogamente a quanto già avvenuto per la città di Urbino, dove fu eretto un istituto di belle arti, detto delle Marche, "dotato di una annua somma prelevata dalla rendita della Cassa ecclesiastica dello Stato". La formale richiesta dell'Accademia perugina di belle arti, trasmessa al Ministero tramite il Comune di Perugia, non ebbe esito positivo (45).
    In quegli stessi anni, i cambiamenti determinati dalla nuova forma istituzionale dello Stato furono così profondi e tali da rendere ineludibile un adeguamento dello statuto dell'Accademia di belle arti di Perugia alle mutate condizioni politiche, culturali e sociali del contesto generale e, per riflesso, di quello locale. Nel nuovo statuto, approvato il 9 ottobre del 1865, ma mai ratificato dalle autorità municipali, si rilevano significative modificazioni in ordine alla composizione interna del Consiglio accademico. All'art. 2, infatti, è fissato un numero massimo di 9 consiglieri di merito "scelti in egual numero dalle facoltà di Pittura, Scultura, e Plastica, Architettura e Ornato, nonché di due deputati da eleggersi uno dalla rappresentanza Municipale, l'altro dalla Provincia a tutela degli interessi dei rispettivi Corpi Morali contribuenti". Il Consiglio, pertanto, è formato in totale da 21 membri e le sedute consiliari sono valide con la presenza di almeno 11 consiglieri in prima convocazione e di 7 nella seconda.
    L'art. 16 tratta della rimozione del direttore, del segretario, del vicesegretario e dell'economo, la cui autorizzazione è di competenza della giunta municipale, naturalmente quando ne ricorrano i motivi; analoga procedura sarà applicata nei casi di espulsione degli allievi per giusti motivi: anche in questo caso il Consiglio accademico rimetterà la propria deliberazione alla giunta municipale. Quando i consiglieri non risiederanno più a Perugia e risulteranno assenti per tre volte consecutive, i medesimi saranno dichiarati decaduti (art. 17). Riguardo ai docenti, il nuovo statuto suddivide gli stessi in primari per le "facoltà" di pittura, scultura e architettura e in secondari quelli addetti alle facoltà di prospettiva, ornato in disegno e in colore, geometria applicata alle arti e primi rudimenti di architettura (art. 19). I docenti potranno accedere all'insegnamento in Accademia previo concorso, per il quale è prevista la partecipazione del consigliere deputato dalla Provincia e la "sanzione dalla Giunta Municipale" (art. 20) (46); la nomina dei docenti sarà a vita. Le rappresentanze municipali e provinciali, nonché le autorità governative, dovranno assicurare la propria presenza in occasione della distribuzione dei premi e dei diplomi, nella prima metà di settembre di ogni anno (art. 38). In ordine a questioni più strettamente didattiche, si segnala l'obbligo che il disegno in figura debba essere preceduto da quello di prospettiva e che l'uso del pennello debba essere subordinato "allo studio del modellare in plastica" (art. 29) e che "tutti gli studenti di scultura e plastica dovranno aver fatto precedere gli studi di disegno in figura e di ornato" (art. 30); gli studenti che si dedicano alle arti meccaniche e agli studi di mitologia, storia e costumi, inoltre, sono tenuti a seguire i corsi di mitologia e di storia presso l'Università. Nell'articolo transitorio, infine, si delinea per la prima volta la figura del "conservatore degli oggetti d'arte", tratto dal seno accademico, il quale conseguirà un'annua gratificazione: nel regolamento speciale che seguirà lo statuto accademico saranno definite le precise attribuzioni del conservatore, separandole da quelle dell'economo cui sono affidati più genericamente la cura e la vigilanza delle proprietà dell'Accademia (47).
    Gli sforzi per ottenere dal Comune l'approvazione di un nuovo statuto, stante l'indispensabile revisione dell'ordinamento accademico, si protrassero fino al 1895, anno in cui due ispettori ministeriali, Ettore Ferrari e Francesco Iacovacci, effettuarono il 22 maggio una visita all'Accademia (48). Costoro, avendo rilevato un ottimo andamento generale dell'Istituto, tributarono "una speciale lode al Prof. Moretti" (49) il quale "[...] è la vera anima artistica dell'Istituto [...] e ha saputo in uno stesso Istituto riunire la Scuola artistica e la Scuola professionale" (50). Gli ispettori, in pieno accordo con il Consiglio accademico, ritennero che si dovessero apportare in Accademia "quelle variazioni che la Giunta di Belle Arti aveva desiderate e cioè norme fisse per la concessione di esami di patente che, dati i risultati dell'Accademia, il Ministero non può negare pur vincolandola all'intento di uno o due R. Commissari" (51). Le premesse giuridiche che stanno a fondamento della revisione statutaria sono costituite da due atti normativi specifici, e cioè i regi decreti n. 216 del 10 aprile 1892 e n. 280 del 21 aprile 1895 (52), con i quali si approvavano i regolamenti per il conferimento dell'abilitazione all'insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali. E così il nuovo statuto, all'art. 1, recita che l'Accademia "è sede di esame per il conferimento dell'abilitazione all'insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali, ai giovani che abbiano frequentato le sue scuole e ottenuta la licenza del corso speciale di ornato" (53).
    Del nuovo statuto sono da evidenziare vari altri aspetti che mettono in luce una limitazione delle prerogative del Consiglio accademico (54), cui peraltro spettava l'amministrazione dell'Istituto, la nomina, sospensione e licenziamento del personale di servizio e ausiliare e l'approvazione della nomina dei docenti, risultati vinicitori di concorso, con maggioranza dei due terzi dei votanti, previa approvazione del Corpo accademico e del Consiglio comunale e sanzione del Ministero della pubblica istruzione (art. 57). Gli insegnamenti impartiti, ciascuno dei quali suddiviso nei due gradi comune e speciale, erano: Pittura e Disegno di figura, Ornato, Scultura e Ornato in plastica; vi erano poi i corsi di Anatomia pittorica e di Storia dell'arte.
    Compiti specifici del Corpo accademico erano quelli di rappresentare l'istituto con particolar riferimento agli affari generali e di massima, di eleggere il presidente, il vicepresidente, il segretario e il vicesegretario, approvare la nomina del direttore, dei docenti e degli accademici di merito e d'onore, infine di nominare annualmente una commissione costituita da tre membri incaricati di valutare i lavori eseguiti dagli studenti.
    All'art. 2 è stabilito che i contributi che avrebbero consentito all'Accademia di funzionare sarebbero stati erogati dal Comune di Perugia (55), dalla Provincia dell'Umbria e dal Governo, i cui rappresentanti in seno al Consiglio accademico (56) sarebbero stati nominati rispettivamente dal Consiglio comunale, da quello provinciale e dal Ministero della pubblica istruzione (art. 5). Quest'ultimo, in particolare, avrebbe inviato rappresentanti da inserire in ognuna delle quattro commissioni giudicanti, una per facoltà, i lavori di concorso (art. 60). Anche l'ammissione degli studenti ai corsi accademici previo pagamento delle tasse scolastiche (art. 62), l'inizio e il termine dei corsi attivati (art. 64) e soprattutto l'istituenda sezione della "Scuola d'arte applicata all'industria" (art. 81, disposizioni transitorie) allinearono l'Accademia agli altri Istituti di istruzione artistica e lasciano intravvedere i mutamenti istituzionali che interessarono l'Accademia stessa nel XX secolo.
    Nella seduta consiliare del 23 settembre 1907, infatti, si esaminò il "progetto di statuto e regolamento per una "Scuola d'arte applicata" da impiantarsi presso l'Accademia" (57), la quale "ha per iscopo di impartire ai giovani, che si dedicheranno all'esercizio delle arti industriali, un pratico insegnamento delle arti del disegno e della plastica, in relazione alle particolari esigenze dei vari caratteri delle arti industriali" (58). Il problema principale è - come sempre in questi casi - quello del reperimento delle risorse e pertanto si ritiene necessario "che vengano subito iniziate delle pratiche presso gli Enti cittadini per avere dai medesimi dei contributi pecuniari": a tale fine, il Consiglio diede mandato al presidente, al vicepresidente, al direttore e al consigliere Andreani di attivarsi presso le istituzioni cittadine. Nella seduta si espresse anche il convincimento "che detta Scuola debba essere posta sotto più diretta dipendenza dell'Accademia". A distanza di un anno l'Accademia riuscì a risolvere il problema del reperimento delle risorse, per l'impianto e il funzionamento della Scuola d'arte applicata, attraverso una congrua disponibilità finanziaria derivata dalla soppressione del corso preparatorio (il cui personale docente sarebbe stato trasferito nella nuova sezione) e da una maggiore economia delle spese per la scuola del nudo, poi con l'aumento delle tasse scolastiche e con lo stanziamento di maggiori contributi dal Comune di Perugia (59). Nella seduta del 28 novembre 1908 venne fissata l'apertura della Scuola d'arte applicata per il 1° dicembre successivo, con inizio dei corsi il 7 dicembre. Furono fissati gli orari e nominati gli insegnanti (60).
    Al mantenimento della Scuola d'arte applicata, la cui attività e la disciplina sarebbero state regolamentate dal Consiglio accademico, avrebbero provveduto il Comune di Perugia, la Camera di commercio dell'Umbria e il Ministero di agricoltura industria e commercio, non esclusi i proventi dei sussidi offerti da altri Enti pubblici e dalla generosità privata (Regolamento, art. 3). Per l'insegnamento erano previsti due corsi: preparatorio (della durata di un anno) e speciale (tre anni), al termine dei quali veniva rilasciata ai giovani una licenza. I corsi erano articolati nelle seguenti sezioni: muratori, scalpellini, fabbri, meccanici, falegnami, stuccatori, intagliatori, intarsiatori, orefici, ricamatrici e decoratori verniciatori; c'era poi un corso speciale, cioè il corso libero per dilettanti. Gli insegnanti, come già anticipato, erano quelli titolari dell'Accademia e potevano essere coadiuvati, per l'attuazione dei programmi e per la sorveglianza speciale, da un professore di decorazione addetto alla Scuola d'arte applicata. Potevano essere ammessi i giovani che avevano conseguito il diploma di maturità e di proscioglimento (art. 8). Sempre riguardo agli studenti, era prevista la consegna dei lavori prodotti al termine di ogni anno scolastico (art. 9).
    Ma dopo l'attivazione della Scuola d'arte applicata, al termine dell'anno 1908, non tardarono a manifestarsi segnali di disagio e di malcontento tra i docenti. Infatti, nella "Relazione al sindaco di Perugia", del 31 ottobre 1911 (61), il presidente Francesco Guardabassi descriveva le condizioni dell'Accademia e trattava dei progetti di riforma da attuare per la Scuola d'arte applicata, al fine "di non rinchiudersi più entro i formali baluardi di una autonomia, che viene ad ogni tratto invocata, mentre lo Statuto non ne porge alcuna dichiarazione esplicita, e che invece di vera e propria autonomia non è che vero e proprio isolamento" (p. 5). Oltre a lamentare la "deficienza di insegnamenti" e le discordie in seno al Corpo docente (p. 6), nonché la coesistenza di due cattedre di Pittura e di Figura (p. 11), il presidente sottolineava che "la riforma dello Statuto (...) deve esser rivolta ad afforzare la Scuola a concederle un campo d'azione, nei limiti del quale non abbia a viver soggetta all'Accademia o ad esaurirsi in una convulsa lotta di contrasti con essa" (p. 14). Il presidente rilevava anche l'opportunità della separazione della cattedra di Ornato da quella di Scultura (p. 20) e non nascondeva le disfunzioni e i ritardi della segreteria in ordine all'amministrazione e dell'Accademia e della Scuola (pp. 28-29). Dopo aver nuovamente sottolineato la mancanza di autonomia dell'Accademia (pp. 30-31), il presidente rilevava l'eccessiva frammentazione del Corpo accademico, nonché le croniche assenze di certi "illustri" insegnanti alle adunanze (pp. 31-32) e prospettava due sole possibili soluzioni rispetto ai problemi evidenziati. "O il Municipio assume direttamente la gestione dell'Istituto trasformandone il suo organamento nella guisa delle Accademie governative (pareggiamento colle Accademie governative), sia col proposito di farne un prosperoso Istituto cittadino, sia con l'intento di regificarlo nelle più propizie circostanze, ovvero, lasciando all'Accademia il carattere attuale, si modifica lo Statuto per rendere la scuola più libera e per disciplinar meglio le norme onde è regolata la formazione" (p. 33) (62).
    Delle due ipotesi formulate dal presidente trovò attuazione la prima. Il Corpo accademico deliberò un nuovo statuto, nella seduta del 6 febbraio 1916, nel quale sono recepite le istanze di modifica dell'ordinamento dell'Accademia successive all'attivazione della Scuola d'arte. Infatti, nell'art. 1 si conferma che l'Accademia è sede di esami per l'abilitazione dell'insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali, in più lo è anche per il conferimento del diploma di professore di disegno architettonico; inoltre, che è annessa all'Accademia una Scuola d'arte applicata alla decorazione e all'industria. Riguardo alle sovvenzioni, non subisce alterazioni il rapporto con Comune di Perugia e con la Provincia dell'Umbria i quali adempieranno al pagamento degli stipendi del personale; inoltre, avrà un ruolo importante la Camera di commercio che potrà deliberare in merito al funzionamento della Scuola d'arte; continueranno ad erogare propri contributi, infine, i ministeri della pubblica istruzione e dell'agricoltura (art. 2). Elementi di novità sono riscontrabili anche nella composizione del Corpo accademico, del quale faranno parte accademici residenti di merito, accademici corrispondenti di merito e accademici d'onore, nominati a vita dal Corpo accademico su proposta di una speciale commissione di otto membri (63). Gli insegnanti, infine, saranno nominati non più con l'approvazione del Corpo accademico e del Consiglio comunale, ma si occuperà della questione una commissione giudicatrice mista, composta cioè da due membri scelti dal Corpo accademico, uno dal Consiglio accademico, uno designato dalla Giunta comunale di Perugia e un altro dal Ministero della pubblica istruzione. Per quanto riguarda gli insegnamenti, venne aggiunto quello di Decorazione alla cattedra di Ornato (64).
    Il Progetto di riforma edito a cura dell'Accademia nel 1923, soprattutto se considerato in relazione alla storia dell'Istituto degli anni immediatamente successivi, costituisce un documento piuttosto interessante e sul quale è necessario soffermarsi (65).
    Tema centrale che sta alla base delle considerazioni espresse nell'opuscolo e "offerte al giudizio della cittadinanza e degli Enti che reggono la Scuola", è l'attuazione di "quei provvedimenti che meglio valessero a rinvigorire l'organamento dell'istituto" (66). Tale compito si deve articolare, a giudizio del presidente dell'Accademia, Francesco Guardabassi, attraverso un "riordinamento economico e didattico, sulla base di un minimo programma di azione", e "di riforma generale dell'Istituto, in rapporto alle esigenze della città e della regione, in utile accordo con i più recenti postulati degli studi eseguiti sulla questione dell'insegnamento artistico in Italia".
    Scendendo maggiormente nel dettaglio, con la riforma delle scuole annesse all'Accademia e dell'Accademia stessa si dà "maggiore incremento alle scuole di disegno professionale per gli artieri" che formeranno, un giorno, "scelte maestranze fornite di una sufficiente cultura ed abilità professionale, si valorizzano "maggiormente le qualità e le attitudini dei giovani che si dedicano allo studio delle arti applicate all'industria", da ultimo si fornisce "ai giovani che si dedicano allo studio dell'Architettura quelle cognizioni scientifiche e tecniche necessarie affinché essi possano con giusto criterio risolvere i problemi che si presentano nella costruzione delle opere architettoniche" (67). Considerato quanto sopra, la Scuola di disegno professionale curerà "il continuo e disciplinato esercizio grafico di opere che in seguito, fuori della scuola, i giovani dovranno mettere in esecuzione", integrato con la conoscenza dei materiali da impiegare e con ciò che concerne l'organizzazione del lavoro; l'Istituto d'arte applicata, invece, "si informerà ad un indirizzo prevalentemente pratico, in relazione alle vere esigenze dell'arte industriale" e fornirà "l'apprendimento della lavorazione della materia (...) integrato dallo studio ponderato e disciplinato delle opere d'arte delle diverse epoche"; infine l'Accademia che sarà frequentata da giovani, "dotati della necessaria capacità e delle reali attitudini per le grandi Arti", ai quali sarà trasmessa "la conoscenza dell'uso della materia e delle opere che testimoniano il completo sviluppo dell'Arte".
    Circa l'assetto interno delle Scuole, il progetto di riforma del 1923 riporta, per ciascuna di esse, la durata dei corsi (suddivisi in preparatori, comuni e speciali), le sezioni in cui si articolano i corsi, le norme per l'ammissione, l'ammontare delle tasse, la durata dell'anno scolastico, gli orari delle lezioni e gli insegnamenti impartiti (68).
    Pochissimi mesi dopo il progetto di riforma dell'Accademia veniva approvato un importante regio decreto, il n. 3123 del 31 dicembre 1923, sull'ordinamento dell'istruzione artistica (69). Con tale norma l'insegnamento dell'arte, indipendentemente dalle sue applicazioni all'industria, anziché essere tutto impartito nelle accademie o negli istituti di belle arti, veniva suddiviso, per la parte che concerne la scuola secondaria, nei licei artistici, di nuova istituzione, e, per la parte che riguarda gli studi superiori, nelle accademie di belle arti. Queste ultime comprendevano corsi di pittura, scultura, decorazione e scenografia ciascuno della durata di quattro anni (70). La stessa legge disponeva che nelle scuole e negli istituti d'arte fosse fornita ai giovani una preparazione tecnica e culturale necessaria per le molteplici attività dell'artigianato e in particolare che negli istituti d'arte, dove doveva esser presente un'officina, si esercitassero i giovani in lavori originali d'arte applicata e che gli stessi acquisissero la necessaria cultura per la formazione dei maestri d'arte. L'art. 9 del regio decreto n. 3123, con cui si stabiliva che "lo Stato contribuisce all'istituzione ed al mantenimento delle Scuole e degli Istituti d'arte, in misura non superiore ai tre quarti della spesa totale, nel limite degli appositi stanziamenti del bilancio del Ministero della pubblica istruzione", sotto la cui vigilanza sono posti tutti gli istituti e gli enti che hanno il fine di promuovere l'arte e l'istruzione artistica, suscitò nella seduta del Consiglio accademico dell'8 maggio 1924, incentrata sulla recente normativa, alcune perplessità e una sintesi dei rilievi mossi dai consiglieri, integrata da alcune concrete proposte di soluzione ai problemi relativi al futuro dell'Istituto, venne data alle stampe (71). Infatti, "per le disposizioni del Decreto del Decembre 1923, vede del tutto sconvolto quel piano razionale di riforma che assicurava la sua [cioè dell'Accademia] prosperosa esistenza, poiché la diminuzione della sua attività sarà certo deleteria anche alle superstiti forme di insegnamento limitato all'arte applicata" (72). In virtù del richiamato art. 9 avrebbe goduto di un sussidio governativo la Scuola d'arte applicata all'industria, attivata presso l'Accademia di Perugia fin dall'anno scolastico 1908-1909, così che tra le due istituzioni si sarebbe creato un notevole squilibrio.
    Il Pro memoria di cui sopra torna nuovamente sulla "utilità di un Istituto completo di arte applicata e d'arte pura", a Perugia, città "fra i distanti centri culturali di Firenze e di Roma", e sulla necessità che l'Accademia ottenga il pareggiamento agli analoghi istituti di Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia elencati nell'art. 13 del citato regio decreto. "Un Istituto d'Arte applicata autonomo avrebbe rigogliosa vitalità in Perugia", e d'altro canto "era giusto che anche nei riguardi degli studi artistici si infrenasse la eccessiva produzione a getto continuo di diplomi di abilitazione (...) per impedire il facile conseguimento di titoli non rispondenti a reali disposizioni e ad effettivo studio, era doveroso tener conto della convenienza di permettere con le più scrupolose garanzie, anche in altri centi minori, lo studio artistico accademico".
    L'Accademia pertanto chiese il pareggiamento e l'istituzione della Scuola e dell'Istituto d'arte, in accordo col disposto dell'art. 9, visto che "le rendite attuali, integrate dai tre quarti del concorso governativo alla spesa totale per entrambi sono più che sufficienti alla formazione di queste due Scuole", mentre gli stanziamenti della Provincia e del Comune "sono più che sufficienti alla formazione di queste due Scuole" e tali da "assicurare il regolare funzionamento del Liceo e dell'Accademia" (73).
    Nella seduta del 4 giugno 1924, il Consiglio accademico deliberò di affidare ad apposita commissione, in applicazione dell'art. 9 del decreto del 1923, l'incarico di stendere subito "il programma d'azione per l'impianto dell'Istituto d'arte anche nei riguardi del personale, e quindi esame finanziario, esame edilizio, esame del personale insegnante" (74). Nell'assemblea dell'11 ottobre successivo il presidente dell'Accademia, nella convinzione di poter "far funzionare quella parte dell'Accademia che può funzionare istituendo cioè la Scuola d'arte e l'Istituto d'arte per i quali abbiamo i fondi occorrenti", propose che si aprissero immediatamente le iscrizioni (75), mentre il regolamento interno dell'Istituto d'arte fu approvato con deliberazione dell'11 novembre dello stesso anno (76).
    Risale al 1926 la convenzione tra il Comune e l'Accademia da una parte e il Ministero dall'altra con la quale si assegnavano una quarantina di locali dell'intero fabbricato ad esclusivo uso del neo Istituto, denominato "Regio Istituto d'arte 'Bernardino di Betto'", rimanendo all'Accademia solo le aule indispensabili al suo funzionamento ed in comune la segreteria, la presidenza e la biblioteca; e questa fu la condizione essenziale per la statalizzazione dell'Istituto (77).
    In ordine alle mutate condizioni, per l'Accademia, create con la normativa del 1923, il presidente provvide ad inviare al Ministero della pubblica istruzione - Direzione generale delle antichità e belle arti, dieci esemplari della bozza del nuovo statuto approvato dal Consiglio accademico (78) e poi dal Corpo accademico, "per la necessaria e definitiva sanzione di cotesto Ministero istesso". Il presidente riteneva infatti che "la necessità di un nuovo Statuto è emersa dal fatto che il vecchio Statuto non trovavasi in armonia coi nuovi ordinamenti degli studi artistici, ha indotto questo Consiglio a provvedere affinché su nuove disposizioni statutarie e regolamentari fosse regolato il funzionamento di questa Accademia" (79).
    Nella relazione morale letta dal presidente nella seduta del 12 febbraio 1928 si dava comunicazione delle disposizioni del regio decreto con cui i corsi d'arte applicata, attivati presso l'Accademia, venivano regificati e coordinati ai corsi accademici, a decorrere dal 1° novembre 1927 (80). Lo statuto del nuovo istituto, denominato Istituto d'arte "Bernardino di Betto" annesso all'Accademia di belle arti di Perugia, veniva approvato con regio decreto 14 marzo 1929, n. 426 (81).
    Lo statuto approvato dal Corpo accademico il 18 gennaio 1931 tiene conto del nuovo assetto istituzionale dell'Accademia successivo all'impianto dell'Istituto d'arte. Nell'art. 1 è stabilito che l'Accademia "mantiene secondo le sue gloriose tradizioni l'insegnamento accademico nei corsi superiori di pittura, scultura, decorazione e architettura, e impartisce gl'insegnamenti artistici nella Scuola di disegno professionale". L'art. 2 specifica che vengono erogati finanziamenti dall'Ente Accademia, dal Comune di Perugia e dalla Provincia dell'Umbria, mentre al funzionamento della Scuola di disegno professionale concorre il Consiglio provinciale dell'economia. Riguardo agli insegnanti, l'organico comprende tre docenti di ruolo dell'Accademia (per le seguenti materie: Pittura e decorazione, Scultura, Architettura) e tre professori di ruolo della Scuola di disegno professionale (per le seguenti materie: Ornato, Geometria, Architettura e costruzione); è specificato, inoltre, che gli insegnanti di storia dell'arte e anatomia saranno rinnovati di anno in anno (art. 29) (82).
    In forza del regio decreto legge 21 settembre 1933 n. 1333, convertito nella legge 12 gennaio 1934, n. 90 sulla riforma della organizzazione delle Accademie, Istituti, Associazioni di scienze lettere ed arti, la nomina dei presidenti e dei vicepresidenti delle Accademie, "basata sul principio dell'eliminazione degli inconvenienti dell'elettoralismo", spetterà d'ora innanzi al ministro dell'educazione nazionale, con apposito decreto reale o ministeriale, scegliendo tra i membri ordinari degli Istituti accademici. Pertanto, "si stima di dover rinviare la convocazione del corpo accademico, nell'attesa dei prossimi provvedimenti del superiore Ministero" (83).
    Due anni più tardi, "data l'anormale situazione in cui versa l'Accademia di belle arti «P. Vannucci»", il Consiglio accademico fu sciolto con decreto del ministro dell'educazione nazionale ed il senatore conte Romeo Gallenga venne nominato commissario per la straordinaria amministrazione dell'Accademia stessa (84). Al senatore Gallenga, morto a distanza di pochi mesi dalla nomina, successe il conte Francesco Maria Guardabassi, già commissario ministeriale dell'Accademia e presidente del regio Istituto d'arte annesso, il quale assunse l'incarico il 28 marzo 1938 (85).
    Il 1940 può essere considerato, per l'Accademia di belle arti di Perugia, l'anno del raggiungimento di un importante traguardo: quello della regificazione dell'Istituto. Nominata con decreto ministeriale del 28 febbraio 1940 una commissione, incaricata di procedere presso la detta Accademia ai necessari accertamenti, e avendo avuto esito favorevole la relazione della suddetta commissione, l'Accademia venne pareggiata a tutti gli effetti di legge alle Accedemie di belle arti governative, a decorrere dall'anno scolastico 1940-1941, con regio decreto 25 giugno 1940, n. 1086 (86). Il pareggiamento assicurava all'Accademia il mantenimento del contributo annuo a carico dello Stato, al quale, tramite il Ministero della pubblica istruzione, spettava valutare l'organizzazione dei corsi accademici, fissare la tabella dei posti di ruolo del personale direttivo e insegnante e gli insegnamenti da conferire per incarico, nonché dare disposizioni per il personale amministrativo (assunzioni, emolumenti ecc.). Con il pareggiamento, tuttavia, i tradizionali organi rappresentativi e amministrativi, il Corpo accademico e il Consiglio di amministrazione venivano pretermessi e al presidente, che cumulava i poteri dei suddetti organi, spettava la gestione dell'istituto.
    La relazione del commissario Mariano Guardabassi, redatta in data 22 settembre 1946 (87), per quanto si incentri su questioni di natura contabile e patrimoniale, è interessante poiché ricorda, tra l'altro, l'occupazione dei locali dell'Accademia nel complesso conventuale di S. Francesco al Prato, da parte delle truppe alleate, dal 2 ottobre 1944 al 9 novembre 1945, periodo in cui l'attività dell'Accademia proseguì con rilevanti disagi e difficoltà. Nella relazione si legge infatti: "non si lamentano danni recati dalle truppe occupanti ai locali e al materiale didattico; per contro sarà liquidata una indennità per l'uso dei locali stessi definitivamente precisata a lire 195.000" (88).
    Nel secondo dopoguerra la graduale ripresa economica consentì, com'è noto, una maggiore facilità degli scambi, in particolare tra gli Stati europei, non solo delle merci ma anche della cultura. Per quanto riguarda il caso specifico della perugina Accademia di belle arti, i corsi accademici dovettero tener conto di un'utenza molto più vasta e cioè degli studenti stranieri, la cui presenza richiedeva, da parte dell'Accademia, un'offerta didattica e formativa molto più articolata che nel passato.
    Già il regio decreto 31 dicembre 1923, n. 3123 sull'ordinamento dell'istruzione artistica autorizzava, all'art. 63, le iscrizioni degli studenti stranieri nelle regie Accademie di belle arti, nei regi Conservatori di musica e nelle regie Scuole di recitazione a quell'anno di corso per il quale fossero ritenuti idonei a giudizio del Consiglio delle scuole. In ordine alle offerte didattiche proprie dell'Accademia di belle arti di Perugia, fu prospettata fin dal 1949 "l'istituzione di particolari corsi per stranieri, d'intesa con la locale Università per stranieri", che avrebbero dato "sempre più prestigio alla nostra Accademia la quale è già stata frequentata da studenti stranieri con loro sicuro profitto e vantaggio morale e anche materiale per l'Istituto. Il Corpo accademico approvò pienamente l'iniziativa e diede mandato al Consiglio di curare la sua concreta attuazione" (89).
    Nel 1952 in una seduta del Consiglio accademico si discuteva dell'istituzione, in accordo con il Ministero della pubblica istruzione, di un corso di pittura "al quale sarà interessata anche l'Università italiana per stranieri, che verrebbero a dirigere artisti di fama internazionale quali i pittori Felice Casorati e Carrà" (90); ma ancora alla fine dell'anno seguente i consiglieri si rammaricavano che i corsi estivi per cittadini stranieri non si erano tenuti, nell'estate appena trascorsa, per mancanza di fondi e auspicavano una riuscita dell'iniziativa per l'anno accademico 1953-1954, come poi, effettivamente, avvenne (91). E da allora i corsi estivi per cittadini stranieri attivati presso l'Accademia sono stati frequentati da centinaia di studenti provenienti da tutto il mondo.
    Il nuovo ordinamento amministrativo e didattico dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e annessi Licei artistici e delle Accademie nazionali d'arte drammatica e di danza, entrato in vigore agli effetti della legge 2 marzo 1963, n. 262, stabilì che le Accademie fossero dotate di autonomia amministrativa e che fossero sottoposte alla vigilanza del Ministero della pubblica istruzione (art. 1) (92). Inoltre, che ciascun istituto fosse amministrato da un Consiglio di amministrazione composto dal presidente e da un rappresentante del Ministero della pubblica istruzione, dal direttore e da due insegnanti dell'istituto; nel medesimo articolo è stabilito che il Consiglio di amministrazione fosse nominato dal ministro della pubblica istruzione, che durasse in carica per un triennio e che potesse essere riconfermato; in caso di scioglimento, il ministro avrebbe provveduto a nominare un commissario governativo per l'amministrazione straordinaria dell'istituto, fino alla ricostituzione del nuovo Consiglio di amministrazione (art. 2). Compiti del Consiglio di amministrazione sono quelli di approvare il bilancio di previsione ed il conto consuntivo, di deliberare su spese di importo superiore a lire centomila a carico del bilancio dell'Istituto, di proporre le variazioni delle tabelle organiche dell'Istituto, di provvedere infine alla nomina del personale incaricato e supplente per coprire gli insegnamenti (art. 3). Il direttore deve soprintendere all'andamento didattico, artistico e disciplinare dell'Istituto attuando così le deliberazioni del Consiglio di amministrazione, deve inoltre rispondere del regolare funzionamento dell'Istituto direttamente al Ministero della pubblica istruzione (art. 5).
    Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso si ripropose l'esigenza di apportare una revisione e una sistemazione all'ordinamento didattico dell'Accademia, al fine di "introdurre un più ricco e sostanzioso contenuto nei vecchi e stanchi ordinamenti", essendosi reso necessario attuare subito l'esperimento che avrebbe potuto "offrire utili indicazioni per il rinnovamento istituzionale di tutte le altre Accademie italiane". Nell'assemblea del 16 dicembre 1956 si propose quindi che fossero introdotti nuovi insegnamenti, potendo l'Accademia disporre di insegnanti ordinari e di insegnanti aggiunti. Primo atto in tale direzione fu "la sostituzione dell'anziano direttore, professor Benedetto D'Amore, con il più giovane e dinamico architetto Frenguelli, docente di Architettura e direttore dell'Istituto statale d'arte annesso, che diede sicura prova di capacità organizzativa sul piano di un orientamento didattico ed artistico degni della più attenta valutazione" (93). Il 29 maggio del 1957 il Consiglio ratificò gli incarichi conferiti al personale, chiamando anche docenti straordinari e aggiunti ritenuti idonei, ai sensi dell'art. 55 dello statuto accademico, riuscendo in tal modo a coprire un maggior numero di ore di insegnamento (94).
    La disponibilità di un organico numericamente adeguato consentì l'attivazione, l'anno successivo, dei "Corsi di insegnamento complementare per apprendisti" presso la Scuola serale di disegno professionale annessa all'Accademia. Detti corsi, finanziati dal Ministero del lavoro ai sensi della legge 19 gennaio 1955, n. 25, erano finalizzati a dare seguito e ad arricchire "una nobile e feconda tradizione, tipica della nostra città in cui il più umile lavoro cerca il sussidio e la luce dell'arte", essendo diretta agli "artieri più modesti e volenterosi di Perugia" (95).
    La necessità di una nuova riforma dell'ordinamento didattico dell'Accademia rientrò prepotentemente nel contesto delle lotte studentesche che si verificarono nel 1968 e che, naturalmente, non risparmiarono il nostro Istituto. L'assemblea degli studenti presentò al Consiglio accademico un memoriale di richieste, articolate in 13 punti, trascritto integralmente nel verbale della seduta del 29 marzo 1968 (96). Il primo è il più importante ed è relativo alla statalizzazione dell'Accademia, in ordine alla quale, fino agli anni dei quali ci stiamo occupando, non si pervenne a risultati concreti.

    (1) Raffaello Sozi, "Annali, memorie et ricordi, scritte da Rafaello Sotii sopra gli annali suoi", Biblioteca comunale Augusta di Perugia, ms. 1221, c. 115v. Il brano che tratta dell'origine dell'Accademia del disegno è riportato in G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia", Firenze, Le Monnier, 1954, pp. 13-15.
    (2) Trattavasi del cardinale Tommaso Sanfelice, eletto "protettore" dell'Accademia e cioè il "patrono in terra", corrispondente a quello celeste, di solito un santo.
    (3) Trattasi dell'edificio sacro, in via delle Prome (rione di Porta Sole), ora adibito a deposito librario della Biblioteca comunale Augusta.
    (4) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 21.
    (5) Ibid., p. 15.
    (6) Ibid., p. 26.
    (7) Ibid., p. 90. Particolare rilievo, non a caso, ebbe nella seconda metà del XVI secolo il cosiddetto "michelangiolismo", ovvero la pratica di riprodurre attraverso il linguaggio del disegno i capolavori del maestro fiorentino: su tale aspetto si sofferma brevemente il Cecchini nell'ambito della ricostruzione del contesto storico e culturale in cui va inserita l'origine dell'Accademia perugina di belle arti ("L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 21). Si rimanda, inoltre, alla lettura di due intensi saggi di Erminia Irace, di notevole interesse, sul contesto sociale e culturale della nascita delle accademie perugine, tra le quali anche l'Accademia del disegno, sulle peculiarità, sugli interessi coltivati e sugli esiti di ciascuna, nonché sul rapporto con la nobiltà cittadina: "Le Accademie letterarie nella società perugina tra Cinquecento e Seicento", in "Bollettino della Deputazione di storia patria per l'Umbria", LXXXVII (1990), pp. 155-178; Id., "Le Accademie e la vita culturale, in Perugia", 2, Milano, Sellino, 1993, pp. 481-496 (Storia illustrata delle città dell'Umbria, a cura di R. Rossi). Il primo dei due lavori, in particolare, è corredato da ampia bibliografia.
    (8) Sull'Accademia fiorentina del disegno, fondata nel 1562, si vedano: G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 16; C. J. Cavallucci, "Notizie storiche intorno alla R. Accademia delle Arti del Disegno", Firenze, Tip. del Vocabolario, 1873; V. Daddi-Giovannozzi, "L'Accademia fiorentina e l'Escuriale", in "Rivista d'arte", 17 (1935), pp. 423-427; A. Nocentini, "Cenni storici sull'Accademia delle Arti del Disegno", Firenze, Industria tipografica fiorentina, 1963.
    (9) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 17.
    (10) Ibid., pp. 26-27. L'Accademia si arricchì, fin dai primi anni, di un interessantissimo patrimonio di oggetti d'arte, in parte pervenuti come donativi da privati o da istituzioni omologhe, in parte per acquisto. La pregevole collezione di cui è proprietaria l'Accademia si è accresciuta ininterrottamente, soprattutto in seguito alla riapertura della medesima nel 1790; si vedano a tale proposito: Accademia di belle arti di Perugia - Comune di Perugia, "Scuola e architettura. L'evoluzione del disegno architettonico dal 1790 al 1940 nelle raccolte dell'Accademia di belle arti di Perugia", a cura di G. Muratore e F. Boco, con la collaborazione di A. Cauti, Perugia, Benucci, [1989]; "Museo dell'Accademia di belle arti di Perugia. Dipinti", a cura di C. Zappia, [Perugia], Electa, 1995 (Catalogo regionale dei beni culturali dell'Umbria).
    (11) Archivio storico dell'Accademia di belle arti di Perugia (d'ora in poi ASABAP), "Carteggio amministrativo", b. 40, fasc. 108, "Pergamena storica", cc. 4r-5v, 20 luglio 1573.
    (12) Ibidem. A Vincenzo Danti, primo architetto pubblico, confermato più volte a partire dal 1573, subentrò Orazio Alfani. ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 40, fasc. 108, "Pergamena storica", cc. 1r-2v, 15 dicembre 1576. All'ufficiale, retribuito annualmente con scudi 12, sarebbe stato consentito anche di "giovare alle fabriche de particolari le quale importano anco al publico che sieno bene regolate e con giuditio ordinate et che le cose di ciascun cittadino sieno bene usate".
    (13) Anche dopo la propria costituzione, l'Accademia "ha assolto sempre un ufficio di tutela, di consulenza tecnica, nel campo artistico non solo per Perugia, ma per l'Umbria e per alcune zone delle Marche e della Toscana. Via via che la sua rinomanza cresceva, essa sempre più era consultata in materia di restauri e ripristini di monumenti e opere d'arte, di stime artistiche, di concorsi artistici e per cattedre di insegnamento, di mostre ed esposizioni, di sistemazioni urbane, di valorizzazioni paesistiche, di ricognizioni e di ritrovamenti archeologici". G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." in "Bollettino della Deputazione di storia patria per l'Umbria", XLIII, pp. 48-52.
    (14) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..."cit. p. 27.
    (15) Ibidem.
    (16) Ibid., p. 29. Il 5 febbraio 1706 si tenne un'adunanza accademica presso il collegio della Sapienza Nuova: nell'occasione, il vescovo di Perugia, Anton Felice Marsili, commissionò ai pittori Mattia Battini, Giuseppe Laudati e Giacinto Boccanera "tre disegni rappresentanti le tre Natività, cioè della Madonna, di Nostro Signore e di S. Giovanni Battista" e diede a ciascuno di loro una medaglia d'oro con l'immagine di papa Clemente XI.
    (17) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., pp. 29-30. In quel periodo "principe" dell'Accademia era l'abate Alessandro Baglioni, "protettore" il cardinal camerlengo Annibale Albani e segretario Domenico Angioletti.
    (18) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 30.
    (19) Ibid., pp. 30-31.
    (20) Ibid., pp. 31 e 91.
    (21) Nel "Saggio Intorno il modo di ristabilire in Perugia l'Accademia del Disegno", Baldassarre Orsini, "Cittadino Perugino, Pittore, ed intelligente di Architettura, di Prospettiva, e di Geometria", afferma: "La nostra Augusta Città ebbe anch'ella ne' secoli trasandati l'Accademia del disegno, e vi fiorirono in non iscarso numero egregi pennelli, come dagli abbondantissimi monumenti che ci sono rimasi possiamo dedurre. Languiscono ora nella Città nostra la Pittura, l'Architettura, la Prospettiva, e tutte le Arti soggette al Disegno perche appunto siam privi d'un Accademia, a cui sieno date in cura queste Facoltà, perche le nutrisca, e le tenga in vita". Più oltre, a p. 12, specifica che l'Accademia debba essere ristabilita "non solamente per farvi rifiorire le Belle Arti, ma ancora per renderla ben provveduta di abili artisti, e per rendere illuminati i signori, i Ricchi, ed i Dilettanti; perciocchè l'intelligenza del Disegno dirige tutte le manifatture che hanno forma, e figura, e rende le persone intelligenti per non farsi ingannare dall'impostura, e le fa caute ad usare quella Economia, che abbisogna per conversare di Pitture degli eccellenti pennelli, di cui abbonda la nostra Città, senza farle sguisare, e corrompere da maledetti ripulimenti, come per l'addietro inconsideratamente si era talvolta praticato". Il saggio è trascritto nelle "Memorie istoriche dell'Augusta Accademia delle Belle Arti del Disegno di Perugia dall'anno 1573, a tutto il 1810", Parte I, p. 11 (ms. conservato nella Biblioteca dell'Accademia, collocazione I G VII 6).
    Della copiosa produzione di Baldassarre Orsini si ricordano le seguenti opere a stampa: "Abrege' della guida al forestiere per l'augusta città di Perugia con la descrizione delle pitture, sculture, ed architetture piu eccellenti", Perugia, presso il Costantini, 1788; "Risposta alle lettere pittoriche del signore Annibale Mariotti dott. collegiale lett. di medicina e di botanica nella patria Universita di Perugia...", in Perugia, dai torchj di Carlo Baduel, 1791; "Dissertazione sull'antico tempio di Sant'Angelo situato vicino alla porta della citta di Perugia a cui da il nome di Baldassarre Orsini...", in Perugia, dai torchi di Carlo Baduel, 1792; "Lettera di Baldassarre Orsini direttore dell'Accademia del disegno in Perugia ec. al signor dottore Luigi Canali p.p. di Fisica nella Universita di Perugia ... sopra il sepolcro del re Porsenna", in Perugia, presso Carlo Baduel e figli, 1800; "Dizionario uniuersale d'architettura e dizionario vitruuiano accuratamente ordinati da Baldassare Orsini..." Tomo I (-II), in Perugia, dai Torchi di Carlo Baduel, e Figli, 1801; "Appendice intorno al metodo del disegnare secondo il vedere dell'occhio o sia di quella parte del disegno, che dinominasi prospettiva artifiziale opera pittorica ordinata per gli studiosi del disegno da Baldassarre Orsini", in Perugia, presso Carlo Baduel stampatore cam. e vesc., 1805; "Memorie de' pittori perugini del secolo 18. compilate con accuratezza e con verita da Baldassare Orsini nell'anno 1802," Perugia, Volumnia, 1970 (ristampa anastatica dell'edizione Perugia, Baduel, 1806); "Guida al forestiere per l'augusta citta di Perugia al quale si pongono in vista le piu eccellenti pitture sculture ed architetture con alcune osservazioni", a cura di B. Toscano, Treviso, Canova, 1973 (ristampa anastatica dell'edizione Perugia, presso il Costantini, 1784); "Dell'architettura civile di Baldassarre Orsini", a cura di A. Soletti e P. Belardi, Roma, Officina, [1997]; "Dell'architettura civile di Baldassarre Orsini", parte seconda, a cura di P. Belardi, Roma, Officina, [2008]. Ulteriori particolari in G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..". cit., pp. 80-83.
    (22) Baldassarre Orsini lamentava che "il maggior bisogno nell'Accademia nostra sarebbe lo studio della Perspettiva, e dell'Architettura, le quali Facoltà sono necessarissime e a' Pittori, ed agli Artisti. Egli è pur vergogna, che tra' pittori di quadratura della nostra Città, dopo morto Pietro Carattoli, non ve ne sia stato, e non ve ne sia presentemente uno abile a fare una scena teatrale, ed un'adornamento di architettura in buona perpettiva; onde per questo sia bisognato nelle occasioni ricorrere a' Pittori esteri; lo che è sempre uno svantaggio per la buona economia della Città". "Memorie istoriche... "cit., p. 17. Più oltre, Orsini aggiunge: "La Geometria pratica, la Meccanica, l'Idrostatica, e l'Architettura delle fortificazioni debbono avere ancora luogo nell'Accademia, come insegnamenti necessarj, ed accessorj per le suddette Facoltà; e massimamente la Geometria pratica, che è necessarissima a sapersi da tutti gli Artigiani, per potere bene eseguire le forme, e le figure appartenenti al Disegno. Ognuno in somma ne dee sapere in proporzione del bisogno della propria arte", ibid., p. 18. Si veda, per ulteriori dettagli, alle pp. 13, 24-25.
    (23) "Regolamenti per l'augusta Accademia del disegno nuovamente ristabilita in Perugia sotto gli auspicj e governo degl'illustrissimi signori Decemviri", in Perugia, nella stamperia del Costantini, 1791, un esemplare dei quali è conservato in ASABAP, "Oggetti vari trattati", b. 2, fasc. 3. Il testo dei regolamenti è stato anche trascritto da Giovanni Cecchini in "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., appendice XIV, pp. 114-122.
    (24) Nel già richiamato "Saggio Intorno il modo di ristabilire in Perugia l'Accademia del Disegno", a p. 14, Baldassarre Orsini auspicava invece un ordinamento generale derivato da quello dell'Accademia Clementina di Bologna, "essendosi [questa] resa famosa per gli Alunni egregi, che ha prodotti ... sempre però colla debita proporzione accomodandosi alle nostre necessità, a' nostri motivi, e alle nostre circostanze".
    (25) "Regolamenti per l'augusta Accademia del disegno nuovamente ristabilita in Perugia..." cit., p. 3.
    (26) Ibid., p. 4.
    (27) È stabilito che in architettura "si debbano distinguere due classi, l'una, che risguardi il ricopiare qualche degna Fabrica, e l'altra, che si avvanzi a produrre un'opera d'invenzione. Così parimente, quando si concorrerà in Prospettiva, si debba lavorare un disegno d'invenzione".
    (28) Nel 1798 all'Accademia perugina verrà affidata anche una funzione di tutela del patrimonio artistico conservato non solo a Perugia e in Umbria, ma anche in alcune zone delle Marche e della Toscana. Dopo il ripristino del potere pontificio, l'Accademia mise in atto ogni sforzo per il recupero delle numerose opere d'arte, specialmente rinascimentali, confiscate dai francesi, restituite alle autorità pontificie e tuttavia rimaste a Roma. A tale proposito si veda F. Boco, "Quando la Storia entra in Accademia", in Accademia di belle arti di Perugia - Comune di Perugia, "Scuola e architettura..". cit., pp. 15-17. In ordine al funzionamento dell'Accademia al principio del XIX secolo, particolarmente interessante risulta la lettura dell'opuscolo intitolato: "Repubblica italiana, Statuti e piano disciplinare per le Accademie nazionali di belle arti, approvati con decreto del vice-presidente 1° settembre 1803 anno II", s. l., presso Luigi Veladini stampatore nazionale, 1803, conservato in ASABAP, "Oggetti vari trattati", b. 2, fasc. 5.
    (29) ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 3, fasc. 10, "n. 10". Negli anni di Carlo Labruzzi, pittore romano e accademico di S. Luca, "l'Accademia perugina gradualmente veniva uscendo dalla ristretta cerchia cittadina ed ampliava i limiti del proprio orizzonte": G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 41.
    (30) Ibidem.
    (31) "Statuti. Metodo d'istruzzione per l'Accademia delle Belle Arti dell'Augusta Città di Perugia", conservati in ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 2, fasc. 7, adunanza quarta, 26 settembre 1815. Il testo dello statuto è stato trascritto da Giovanni Cecchini in "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., appendice XVIII, pp. 126-135.
    (32) Questi i titoli dei "capi" statutari: Della composizione del Corpo accademico e di quella del suo Consiglio permanente, Delle sessioni del Consiglio e delle elezioni, Delle scuole, Degli studenti e del concorso, Del modello e del bidello, Dell'osservanza ed esecuzione dei presenti statuti.
    (33) Sugli accademici di merito e d'onore si veda oltre.
    (34) Saranno ammessi tra gli accademici d'onore letterati, docenti universitari, musicisti ma soprattutto amministratori, funzionari, autorità civili e religiose dell'Umbria e, in misura minore, di altre realtà geopolitiche italiane.
    (35) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., pp. 130-131.
    (36) Tale sezione dello statuto, il cui contenuto non differisce sostanzialmente da quello dei "Regolamenti" accademici del 1791, concerne i seguenti aspetti: ammissione, iscrizione, diritti e doveri, svolgimento dei temi dei concorsi annuali e triennali, articolazione degli studi, premiazioni e riconoscimenti. Perché gli studenti dovessero attenersi al dettato statutario, in occasione della riapertura degli "Studi del corrente nostro Anno Scolastico, alla presenza del Sig. Presidente, e Corpo del Consiglio, dei Sig.ri Accademici Onorari e di tutta la Scolaresca", vennero affissi "nei luoghi della stessa Accademia" i nuovi regolamenti disciplinari, approvati il 27 novembre 1815 e conservati in ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 2, fasc. 7, adunanza 7, "n. 6".
    (37) Lo statuto dell'Accademia di Perugia redatto nel 1819 fu steso prendendo a modello quello a stampa dell'Accademia romana di S. Luca: "Statuti della Pontificia Accademia Romana di Belle Arti detta di S. Luca", Roma, presso Francesco Bourliè, 1818, conservato in ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 55, fasc. 8.
    (38) La delegatizia div. I n. 4977 sez. 3 del 24 settembre 1822, inviata al presidente dell'Accademia, comunica che il camerlengo "ha finalmente prescritto per ordine sovrano che nulla ostante la non dichiarata esposizione dello Statuto debba l'Accademia per implicita obligazione derivante dalla sua camerlengale rappresentanza, ed in gravità di consimile obbligazione dell'insigne Accademia di S. Luca, e dell'altra di Bologna, chiedersi, ed attendersi la sua superiore sanzione per i soggetti che intenda deputare alle prime cariche del Corpo, e più particolarmente al disimpegno delle cattedre prima di ammettere i candidati al possesso": quindi chiede per conto del camerlengo "l'inserzione formale negli atti di una tale obbligazione, e la più rigorosa osservanza". ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 50, fasc. 145, carta segnata XVIII 4.
    (39) Il nuovo statuto, conservato in ASABAP, "Oggetti vari trattati", b. 2, fasc. 16, fu approvato dal Consiglio permanente dell'Accademia il 7 febbraio 1819 e dal magistrato di Perugia il 10 giugno dello stesso anno, ratificato dal cardinal camerlengo Bartolomeo Pacca in data 8 maggio 1820 e fatto stampare dal Consiglio accademico il 25 gennaio 1822. Con deliberazione del Consiglio comunale di Perugia del 20 settembre 1820 furono istituite borse di studio per consentire agli studenti più meritevoli di perfezionarsi e di completare la propria istruzione artistica, producendo annualmente lavori di saggio su temi assegnati dai docenti dell'Accademia perugina. I requisiti per l'ammissione dei candidati al cosiddetto "pensionato di perfezionamento", che aveva la durata di un triennio, nonché la procedura per la valutazione dei lavori realizzati dagli studenti furono sanciti nel regolamento approvato dal Consiglio accademico nella seduta del 20 gennaio 1823, ratificato dalla Magistratura perugina il 24 febbraio 1824 e dato alle stampe: si veda "Regolamento sui giovani da pensionarsi in Roma dalla Città di Perugia per la Pittura ed Architettura", Perugia, presso Giulio Garbinesi e Vincenzio Santucci, 1827, conservato in ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 56, fasc. 17. L'erogazione dei sussidi per il pensionato di perfezionamento, dei quali giovarono numerosi studenti, si interruppe all'inizio del XX secolo: G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 50, nota 1.
    (40) ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 50, fasc. 145, carta segnata XVIII 32.
    (41) "La Rivoluzione accaduta in Romagna nel 4 Febbraro, ed in Perugia nel 14 detto distolse la Gioventù dagli studi. Ripristinato il Governo Pontificio dopo la capitolazione di Ancona [...] restarono chiusi tutti gli Stabilimenti di Pubblica Istruzione per ordine di Stato. I Professori dell'Accademia ebbero l'ordine di fare scuola nelle proprie case di abitazione. Non ebbero luogo in quell'anno le distribuzioni de' Premi, e gli Esami. Tutto fu disordine e confusione. Veruno dei Professori dell'Accademia si trovò nella Rivoluzione per cui restarono ai loro impieghi". ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 1, p. 401, seduta n. 107 del 21 novembre 1831, "Memoria".
    La nota della segreteria generale della Delegazione apostolica di Perugia, dell'8 marzo 1849, n. 2235, comunicò che "la giurisdizione dei vescovi sulle università e sulle altre scuole è cessata ai sensi del decreto dell'Assemblea costituente del 24 febbraio, e che l'insegnamento dello Stato è posto sotto la dipendenza del potere esecutivo mediante il Ministero dell'istruzione pubblica; pertanto la circolare del suddetto Ministero n. 794 del 3 marzo stabilisce che la corrispondenza sarà d'ora in poi con la presidenza provinciale". ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 50, fasc. 145, carta segnata XVIII 55.
    (42) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 57. Esattamente trenta anni dopo, il Consiglio accademico, considerato il considerevole incremento di iscrizioni agli insegnamenti di tipo artigianale, deliberò di aumentare le ore di lezione della scuola di Ornato in plastica e nominò una commissione incaricata di stendere un progetto per l'istituzione di una Scuola professionale di arti e mestieri. G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 62.
    (43) Lo statuto approvato dal Consiglio accademico nella seduta del 29 ottobre 1895 e ratificato con regio decreto 9 febbraio 1896, n. 68 (parte supplementare), tra le premesse giuridiche e di fatto richiama il provvedimento del Pepoli. ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 74, fasc. 89, "n. 2".
    (44) ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 50, fasc. 145, sottofascicolo segnato XVIII 63: "Proposta al Municipio di far dichiarare governativa l'Accademia di belle arti, e richiesta di aumento di sussidio".
    (45) Ibidem. Inoltre: ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 3, cc. 68v-69r, 11 aprile 1864.
    (46) In riscontro alla nota del Municipio di Perugia del 10 marzo 1865 n. 9150 relativa alla richiesta di notizie, da parte del Ministero della pubblica istruzione, circa l'Accademia di belle arti, si rispose tra l'altro che l'Istituto non aveva entrate proprie e che godeva delle sovvenzioni dal Comune di Perugia, dalla Provincia e dal governo in virtù del già ricordato decreto del regio commissario generale straordinario del 13 dicembre 1860. ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 50, fasc. 145, carta segnata XVIII 64b.
    (47) Lo statuto è conservato in ASABAP, "Oggetti vari trattati", b. 2, fasc. 17, 9 ottobre 1865. Il regolamento attuativo dello statuto del 1895 venne approvato dal Corpo accademico nella seduta del 9 ottobre 1898 (ASABAP, "Deliberazioni del Corpo accademico", reg. 1, cc. 30-31) e venne dato alle stampe: "Regolamento generale dell'Accademia di belle arti di Perugia", Perugia, Tipografia V. Santucci, 1898. ASABAP, "Oggetti vari trattati", b. 2, fasc. 19.
    (48) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 5, c. 159v, 9 settembre 1895.
    (49) Francesco Moretti fu direttore dell'Accademia nel biennio 1892-1893. G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., appendice XXV, p. 196.
    (50) "Dalla Scuola del Moretti possono uscire bravi pittori ed ottimi decoratori, poiché gli uni e gli altri trovano in quella scuola tutti gli elementi necessari alla loro istruzione".
    (51) Vari stralci della relazione, che non è stato possibile rinvenire nel corso del riordinamento dell'archivio, sono stati riportati in un articolo, apparso sul settimanale "La Provincia dell'Umbria", anno XXII, n. 44, 31 ottobre 1895 sui nuovi statuti dell'Accademia e conservato in ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 74, fasc. 89, "n. 2".
    (52) Tali regolamenti, i quali riportano anche le materie delle prove grafiche, scritte e orali che i candidati dovevano sostenere, furono pubblicati rispettivamente nella "Raccolta delle leggi, regolamenti e decreti", anno 1892, Milano, Vallardi, 1893, pp. 352-354 e nella "Gazzetta Ufficiale del Regno", 14 maggio 1895, n. 114.
    (53) "R. Decreto numero LXVIII (Parte supplementare) che approva lo Statuto organico dell'Accademia di belle arti di Perugia", Roma, Tip. Elzeviriana, 1896, conservato in ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 74, fasc. 89, "n. 2". Il nuovo statuto venne approvato dal Consiglio comunale di Perugia con deliberazione del 26 novembre 1895 e dalla Giunta provinciale amministrativa nell'adunanza del 30 gennaio 1896 e ricevette la "sanzione sovrana" con regio decreto 9 febbraio 1896, n. 68 (parte supplementare).
    (54) Facevano parte del Consiglio accademico il presidente, il vicepresidente, il segretario, il vicesegretario, il direttore, l'economo, il conservatore, sei consiglieri scelti dal Corpo accademico fra gli accademici di merito e un rappresentante per ciascuno degli enti sovventori. L'eterogeneità, i favoritismi e soprattutto l'ottuso conservatorismo dei membri appartenenti al Corpo accademico sarebbero state alla base delle continue frizioni tra il Consiglio accademico e il Corpo accademico: G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 66.
    (55) In ordine alla procedura dei pensionamenti e all'erogazione delle pensioni (art. 72), veniva applicato il regolamento vigente del Comune di Perugia.
    (56) Dell'organo consiliare nell'art. 10 sono specificati i compiti, nel contesto del funzionamento dell'Ente, sia sotto il profilo materiale ovvero gestionale (approvazione dei bilanci di previsione, dei conti consuntivi e conservazione del patrimonio), sia sotto il profilo morale (insegnamento e disciplina, rendiconto morale, nomina dei docenti e del personale ausiliario).
    (57) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 6, c. 209r. Con l'istituzione di tale scuola venne a stabilirsi "uno stretto rapporto tra mondo della scuola e quello della produzione mirando a conciliare forma e funzione". F. Boco, "Quando la Storia entra in Accademia..." cit., p. 22. È opportuno ricordare anche che dal 1899 al 1902 funzionò un primo laboratorio pratico, ovvero la Scuola d'intaglio in legno, impiantato su proposta del professor Giuseppe Frenguelli. G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 67.
    (58) "Regolamento della Scuola d'arte applicata, in Relazione al sindaco di Perugia", Perugia, Tipografia Perugina già Santucci, 1912, pp. 65-70. ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 91, fasc. 104, "n. 31".
    (59) ASABAP, 2Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 6, c. 242v, 29 ottobre 1908.
    (60) Ibid., c. 246r, 28 novembre 1908.
    (61) "Relazione al sindaco di Perugia...2 citata.
    (62) Nel secondo caso, il presidente auspicava che i rappresentanti del Comune fossero due anziché uno.
    (63) Lo statuto fu approvato dal consiglio comunale di Perugia l'8 luglio 1916, dalla Giunta provinciale amministrativa nella seduta del 28 agosto e con sanzione definitiva con decreto luogotenenziale 7 dicembre 1916, n. 1874. ASABAP, "Statuti", b. 2, fasc. 10.
    (64) G. Cecchini, "L'Accademia di belle arti di Perugia..." cit., p. 69.
    (65) "Accademia di Belle Arti Perugia. Progetto di riforma", Perugia, Tipografia Perugina già V. Santucci, 1923. L'opuscolo è conservato in ASABAP, "Statuti", b. 1, fasc. 1 e in "Carteggio amministrativo", b. 54, fasc. 1.
    (66) "Accademia di Belle Arti Perugia. Progetto di riforma..." cit., prefazione del presidente Francesco Guardabassi, pp. 3-4.
    (67) Ibid., p. 5.
    (68) Ibid., pp. 7-10.
    (69) Pubblicato nella "Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia", anno 1923, vol. 11°, Roma, Libreria dello Stato, 1924, pp. 9716-9740.
    (70) C. Leoni, "Istruzione artistica", in "Enciclopedia del diritto", 3, Milano, Giuffrè, 1958, pp. 125-130.
    (71) "Accademia di belle arti. Perugia, Pro memoria relativo alle condizioni create dal r. decreto sull'ordinamento dell'istruzione artistica all'Accademia di Belle Arti di Perugia", Perugia, Tipografia Perugina già V. Santucci, 1924. L'opuscolo è conservato in ASABAP, "Statuti", b. 3, fasc. 11.
    (72) Ibid., p. 5.
    (73) Ibid., pp. 5-8.
    (74) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 11, c. 8v.
    (75) Ibid., cc. 11v-12r.
    (76) Ibid., c. 14.
    (77) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 18, pp. 36-37, 26 novembre 1949.
    (78) ASABAP, "Deliberazioni del Corpo accademico", reg. 1, cc. 199v-200r, 3 giugno 1926.
    (79) ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 106, fasc. 119, "n. 28"; "Statuti", b. 1, fasc. 1: nota 5 luglio 1926, protocollo n. 486.
    (80) ASABAP, "Deliberazioni del Corpo accademico", reg. 2, pp. 7-9.
    (81) ASABAP, "Statuti", b. 1, fasc. 1. Lo statuto venne pubblicato nel "Bollettino ufficiale del Ministero della pubblica istruzione" (I. Leggi, regolamenti e altre disposizioni generali) del 30 aprile 1929, n. 18. L'Istituto d'arte "Bernardino di Betto" scaturì "dal ceppo secolare dell'Accademia di Belle Arti", secondo la definizione data da G. Dottori, "Il regio Istituto d'arte 'Bernardino di Betto' di Perugia", Firenze, Le Monnier, 1943, p. 33.
    (82) "Statuto dell'Accademia di belle arti di Perugia, approvato il 18 gennaio 1931", dattiloscritto di pp. 7 conservato in allegato in ASABAP, "Deliberazioni del Corpo accademico", reg. 1. L'art. 43 dispone che il regolamento generale sarà proposto dal direttore e approvato dal Consiglio accademico per stabilire le norme di esecuzione dello statuto, i programmi di insegnamento, le cariche e le norme disciplinari in ordine al personale didattico, amministrativo, di servizio e alla scolaresca.
    (83) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 17, pp. 68-69, 28 settembre 1935, n. 1.
    (84) Nota del podestà di Perugia al dottor Alfredo Persi, 31 agosto 1937, div. I ufficio segreteria, protocollo n. 14214, con cui si trasmette la prefettizia n. 25042 del 26 agosto contenente il provvedimento di cui nel testo. ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 117, fasc. 130, "n. 27". La drastica diminuzione dei sussidi erogati dall'Amministrazione provinciale e dal Consiglio provinciale dell'economia corporativa impedirono di fatto il regolare funzionamento dell'Istituto, tanto che nell'anno accademico 1937-1938 non vi furono concorsi a premio e che fu soppressa la Scuola di Architettura (il cui insegnamento era impartito solo nelle Università e nei Politecnici) con provvedimento del Ministero dell'educazione nazionale del 23 dicembre 1938. F. Boco, "Quando la Storia entra in Accademia..." cit., p. 22.
    (85) ASABAP, "Carteggio amministrativo", b. 118, fasc. 131, "n. 25".
    (86) ASABAP, "Statuti", b. 1, fasc. 1 e "Deliberazioni del Commissario e del Presidente", reg. 2, p. 1. Richiama il regio decreto legge 2 dicembre 1935, n. 2081.
    (87) Il 1946 è l'anno nel quale furono ripristinati i tradizionali organi rappresentativi e amministrativi, il Corpo accademico e il Consiglio di amministrazione, estromessi agli effetti del decreto di pareggiamento dell'Istituto.
    (88) Accademia di belle arti "Pietro Vannucci". Relazione del commissario, dattiloscritto di pp. 4 conservato in allegato ad ASABAP, "Deliberazioni del Corpo accademico", reg. 1.
    (89) ASABAP, "Deliberazioni del Corpo accademico", reg. 2, p. 30, 6 agosto 1949, n. 3.
    (90) ASABAP, 2Deliberazioni del Consiglio accademico2, reg. 18, p. 87, 22 dicembre 1952, n. 4.
    (91) Ibid., pp. 104-105, 14 dicembre 1953, punto 4/1. Per maggiori dettagli, specialmente in merito alle finalità e alle modalità di svolgimento dei corsi considerati, si veda l'introduzione al complesso archivistico dei Corsi estivi per cittadini stranieri.
    (92) ASABAP, "Statuti", b. 3, fasc. 11.
    (93) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 19, cc. 27r-30r, 16 dicembre 1956, oggetto 1.
    (94) Ibid., cc. 31v-36r, 29 maggio 1957, oggetti 1-2.
    (95) Ibid., cc. 48v-49v, 8 novembre 1958, oggetto 3. Si prenda visione, per maggiori informazioni, della serie "Corsi d'insegnamento professionale per apprendisti", all'interno del complesso documentario della Scuola di disegno professionale.
    (96) ASABAP, "Deliberazioni del Consiglio accademico", reg. 20, pp. 52-57. Si riportano, in sintesi, gli argomenti delle richieste degli studenti: 1. statalizzare l'Accademia di belle arti; 2. cambiare il sistema degli esami, rendendolo di tipo universitario per le materie complementari; 3. consentire una rappresentanza paritetica degli studenti, in senso didattico e amministrativo, in ogni organismo dell'Accademia; 4. nominare il personale docente, amministrativo e di servizio per concorso pubblico; 5. accordare agli studenti la facoltà di proporre dei controcorsi; 6. accordare agli studenti l'esame pubblico e la discussione pubblica del voto; 7. far adottare dai docenti testi comuni distinti per ogni corso a spese dell'Accademia, sotto forma di dispense ciclostilate e di elenchi bibliografici; 8. mettere a disposizione ambienti adeguati ad uso didattico; 9. abolire gli studi privati all'interno dell'Accademia; 10. favorire incontri periodici con personalità del mondo culturale artistico del nostro paese e rapporti frequenti con i settori dell'attività produttiva; 11. istituire borse di studio, organizzare l'assistenza medica per gli studenti, favorire l'accesso alla mensa universitaria; 12. mettere a disposizione un locale per le attività degli studenti; 13. promuovere mostre d'arte contemporanea.
  • Redazione e revisione:
    Angeletti Vittorio, 22/08/2008, riordinamento e inventariazione
  • Bibliografia:
    Pickert Louise Charlotte, Disegni umbri di artisti tedeschi dell'800, introduzione di P. Scarpellini, Perugia, Volumnia, 1971
    Guardabassi Mariano, Indice-guida dei monumenti pagani e cristiani... esistenti nella provincia dell'Umbria, Perugia, G. Boncompagni, 1872
    Lupattelli Angelo, Storia della pittura a Perugia, Foligno, Reale Stab. F. Campitelli, 1895
    Santi Francesco, Mostra della pittura dell'800 a Perugia, Perugia, Ed. Grafica, 1951
    Toscano Bruno, Note sul collezionismo dei primitivi umbri, in "Atti del sesto convegno di studi umbri", maggio 1968, Perugia 1970
    Orsini Baldassarre, Guida al forestiere per l'Augusta Città di Perugia, Perugia 1784
    Mariotti Annibale, Lettere pittoriche perugine ossia ragguaglio di alcune Memorie Istoriche riguardanti le arti del Disegno in Perugia al signor Baldassarre Orsini, Perugia 1788
    Orsini Baldassarre, Memorie dei Pittori Perugini del sec. XVIII, Perugia 1806